Dal sondaggio GlobalSc condotto su 17.000 ricercatori in 16 Paesi è emerso che il 16% dei ricercatori italiani nel 2011 lavorava all’estero. Il maggior impatto scientifico nel 2020, per oltre il 60% degli intervistati, sarà dato alla scienza dalla Cina e non più dagli Usa
Fuga dei cervelli addio: la geografia della ricerca sta vivendo un cambiamento profondo, con il passaggio dalla “fuga dei cervelli” alla “circolazione dei cervelli” a livello globale. E’ un’evoluzione cui la rivista Nature dedica la copertina, con un articolo del giornalista Richard Van Noorden e due editoriali di Jonathan Adams, dell’agenzia d’informazione Thomson Reuters, e Subra Suresh, della National Science Foundation degli Stati Uniti. Il mondo della ricerca scientifica si muove in modo fluido, oltrepassa i confini nazionali e fiorisce anche nei Paesi emergenti. A fotografare il cambiamento è la prima mappa del movimento di persone e idee che cambieranno il modo di fare scienza. Il dominio della ricerca scientifica, che un tempo spettava esclusivamente a Paesi come Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, vede affacciarsi nuovi Paesi protagonisti quali Cina, India, Singapore, Brasile e Corea del Sud.
Dal sondaggio GlobalSci, coordinato da Paula Stephan dell’Università di Torino, e condotto su 17.000 ricercatori in sedici Paesi è emerso che il 16% dei ricercatori italiani nel 2011 lavorava all’estero, soprattutto in Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania. Con uno sguardo al futuro, Nature ha condotto un suo sondaggio su 2.300 ricercatori. Alla domanda “quali Paesi prevedete avranno il maggior impatto scientifico nel 2020?”, oltre il 60% ha risposto la Cina, primato che spetta ancora agli Stati Uniti se la domanda è riferita al presente. “La collaborazione fornisce l’accesso alle risorse, tra cui finanziamenti, strutture e idee”, spiega Adams analizzando le nuove reti di collaborazione in Asia, Africa, Medio Oriente e America Latina. “Sarà fondamentale per le grandi sfide nel campo della fisica, l’ambiente e la salute – aggiunge – il fatto di avere grandi squadre internazionali che favoriscono la rapida diffusione della conoscenza”. Secondo Suresh “le sfide che devono affrontare i responsabili delle decisioni globali diventano sempre più complesse e urgenti. I cambiamenti climatici, le pandemie, le catastrofi naturali e nucleari, la scarsità d’acqua e la malnutrizione non si fermano ai confini nazionali”.