Approvato all'unanimità il testo, che arriverà probabilmente domani mattina in aula. Eliminata la detenzione, restano le sanzioni da 5mila a 100mila euro a carico del giornalista e la sospensione dalla professione da uno a sei mesi e poi ancora fino a tre anni in caso di recidiva. Previsto il reato di "diffamazione organizzata", in caso di concorso di più persone oltre all'autore nella diffamazione. Ritirata infine la norma anti-Gabanelli
Non ci sarà più il carcere per chi diffama ma restano immutate le pene pecuniarie da 5mila a 100mila euro. Scompare l’emendamento anti-Gabanelli presentato dall’ex sottosegretario Caliendo, ma resta l’obbligo di pubblicazione integrale della sentenza per una eventuale condanna così come si crea il reato di “diffamazione organizzata” per contrastare le “macchine del fango”. Sono queste le modifiche apportate al ddl sulla diffamazione licenziato all’unanimità questa mattina dalla Commissione giustizia del Senato, nato dopo la condanna a 14 mesi di reclusione per Alessandro Sallusti. Il provvedimento, ha spiegato la relatrice Silvia Della Monica (Pd), dovrebbe approdare in Aula domani mattina, e non oggi pomeriggio, perché il testo deve essere messo ancora a punto.
L’arco di pene pecuniarie previste già dalla precedente legge sono vanno da 5000 a 100mila euro, con la modifica che la diffamazione sarà valutata dal giudice a seconda della gravità del fatto e della diffusione dell’organo di informazione. Il relatore Filippo Berselli del Pdl ha riferito, al termine della riunione, di aver proposto una rimodulazione dell’entità delle pene portando il massimo della multa da 100 mila a 50 mila euro, ma la maggioranza della Commissione ha bocciato la modifica lasciando il tetto massimo a 100mila euro. Prevista in caso di recidiva la sospensione dalla professione e dall’attività fino a sei mesi e poi come ulteriore aggravante, fino a tre anni. E’ stata approvata inoltre un’ulteriore ipotesi di aggravante in caso di coinvolgimento dell’editore nella diffamazione dolosa. La disciplina non viene estesa ai blog, ma solo alle testate giornalistiche diffuse anche per via telematica. Non è infatti passato l’emendamento presentato da Vita e D’Ambrosio (Pd) che chiedeva la non applicazione della normativa ad Internet. Cancellata inoltre la riparazione come pena accessoria. Ritirato anche il contestato emendamento Caliendo, ribattezzato ‘anti Gabanelli‘, che prevedeva la nullità delle clausole contrattuali che lasciavano solo in capo all’editore gli oneri derivanti da una condanna per diffamazione.
Per il parlamentare del Pd Felice Casson, è stato “ottenuto un punto di equilibrio tra due esigenze costituzionalmente tutelate della libertà di stampa e della tutela della onorabilità della persona. E’ stata innanzitutto cancellato il carcere per i giornalisti – spiega Casson- ed è stato bocciato il cosiddetto ‘emendamento anti Gabanelli’, così come è stata annullata un’estensione indiscriminata di responsabilità agli editori che avrebbe comportato un serio rischio di interferenza nell’attività giornalistica”.
Questa mattina sul ddl diffamazione era intervenuto il ministro della Giustizia Paola Severino, chiedendo che fosse attribuito “un ruolo centrale” all’istituto della rettifica. Quella in discussione in Parlamento “è una legge difficile – ha detto la Guardasigilli a margine di una iniziativa all’Istituto penale minorile – perché come sempre quando ci sono due esigenze diverse è difficile metterle insieme. Da un lato non bisogna comprimere il diritto – dovere del giornalista ad informare, e credo che la sanzione del carcere sia davvero l’ultima soluzione, dall’altro bisogna trovare forme di soddisfazione per la vittima, cioè chi viene diffamata”. Infatti, ha sottolineato il ministro, “una volta che c’è la rettifica il processo penale può anche fermarsi, se c’è piena soddisfazione della persona offesa”. In realtà, stando al testo licenziato questa mattina, la rettifica non esaurirà il processo penale, lasciando al diffamato il diritto di cercare il risarcimento pecuniario.