Bamboccioni, mammoni, amanti del posto fisso e ora pure choosy, schizzinosi. Quando ieri un mio alunno mi ha chiesto: “Maestro ma cosa significa quello che ha detto il ministro del lavoro?”, ho provato imbarazzo. Ho insegnato loro a rispettare le istituzioni ma è stato davvero difficile spiegare al mio allievo che il ministro Elsa Fornero aveva chiesto ai giovani (quindi anche a lui quando entrerà nel mercato del lavoro) “di non essere troppo esigenti, di prendere la prima offerta, di non aspettare il posto ideale”.
Il ministro della Repubblica non si è accorto che purtroppo i giovani italiani hanno rinunciato da tempo al lavoro che sognano. Nelle scuole italiane non possiamo più insegnare ai nostri ragazzi a sognare ma a essere realisti. Quando leggo il quotidiano con i miei alunni sono costretto a commentare dati che parlano di una disoccupazione giovanile che ha raggiunto il 30%.
Non riesco a capire chi frequenti la professoressa Elsa Fornero ma vorrei farle conoscere quei giovani, laureati magari con tanto di master, che fanno gli assistenti ad personam ai ragazzi diversamente abili nelle scuole. Ho in mente il volto di una di queste ragazze assunte da una cooperativa: ogni giorno imbocca, provvede alla toilette, accompagna, segue con amore e passione un ragazzo gravemente malato per 7 euro lorde all’ora.
Signora Elsa Fornero, questi giovani sono gli eroi di questa nostra epoca: altro che schizzinosi.
Non riesco nemmeno a comprendere che dati può aver in mano il ministro perché secondo la ricerca “Quali orizzonti per i neolaureati lombardi?” presentata lo scorso settembre da Unioncamere Lombardia, Camera di Commercio di Milano e Regione Lombardia “la grande enfasi data dalla stampa al problema della disoccupazione dei giovani, alla generazione perduta ha creato consapevolezza: è diventato noto a tutti che la laurea non assicura un’occupazione e molto pragmaticamente i neolaureati sono pronti ad adattarsi. Tanto che nonostante i dati lombardi segnino una diminuzione della domanda, la percentuale di neolaureati senza occupazione diminuisce. (…). Una diminuzione spiegata dal lavoro o studio fuori regione, da attività professionali autonome che non richiedono l’iscrizione al registro delle imprese, al lavoro senza contratto o lavoro nero”.
Secondo l’indagine la percentuale dei giovani che fuggono all’estero, a dimostrazione che non sono legati alla gonna della mamma, in Lombardia aumenta di anno in anno (dall’1,38% del 2009 all’1,97% del 2010). “E’ paradossale – continua la ricerca presentata – che nonostante l’invecchiamento della popolazione, il segmento della forza lavoro più vitale, incontri difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro. E’ sotto gli occhi di tutti il grande numero di imprese che cessano per mancanza di continuità generazionale, l’inefficienza della pubblica amministrazione che non potrà essere riformata senza l’ingresso dei giovani”.
Eppure la generazione Fornero è quella che quando avevo 18 anni mi spronava a studiare. Poi una volta che ci siamo laureati ci ha detto che prima di entrare nel mondo del lavoro, prima di avere un ruolo da dirigente (per usare una parola che piace alla loro generazione) nell’azienda, nel partito, nel sindacato, dovevamo fare la gavetta. Fatta la gavetta, eravamo già troppo vecchi. A 35 anni ci hanno detto “non siete più giovani ma solo bamboccioni, mammoni, amanti del posto fisso, choosy”. E intanto la loro generazione continuava a occupare quelli che sarebbero dovuti essere i nostri posti di lavoro, i nostri posti nella politica, nel sindacato.
Sandro Pertini, di cui da piccolo avevo il poster in camera, nel suo messaggio di fine anno nel 1978 disse: “I giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo”.