La tv di stato siriana ha annunciato che, per decreto presidenziale, è stata promulgata un’amnistia per i crimini commessi nel paese prima del 23 ottobre 2012. Secondo quanto riferisce l’iraniana Press tv, il provvedimento a non riguarda i crimini di “terrorismo” – la definizione usata di solito dal governo siriano per indicare i gruppi armati dell’opposizione antigovernativa – e non si applica a chi è ancora ricercato, mentre – aggiunge Press tv – chi si arrende e consegna le armi sarà perdonato. I gruppi dell’opposizione però hanno già respinto l’amnistia.
L’amnistia è un segnale di disponibilità del governo di Damasco rispetto alla richiesta di Lakhdar Brahimi, inviato speciale di Onu e Lega Araba per la Siria, per un cessate il fuoco in occasione della festa musulmana dell’Eid al-Adha, che inizia venerdì 26. Il governo siriano si è detto disposto a una tregua, a patto che i governi occidentali e quelli della regione smettano di appoggiare finanziariamente e logisticamente i gruppi armati antigovernativi. Questa indicazione è stata data dallo stesso presidente siriano Bashar Assad a Brahimi, che lo ha incontrato domenica proprio per cercare di mediare la tregua, che potrebbe durare quattro giorni. Brahimi ha anche incontrato i gruppi dell’opposizione dai quali, secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, ha ricevuto una «promessa ma non un impegno» a rispettare il cessate il fuoco.
All’Onu, intanto, si discute del possibile invio di una consistente forza di caschi blu. Lo ha detto il capo delle operazioni di peacekeeping, Herve Ladsous in una conferenza stampa lunedì: “Confermo che stiamo valutando questa opzione, stiamo pensando a cosa fare dal momento in cui dovesse emergere una soluzione politica alla crisi o almeno un cessate il fuoco”. Ladsous non ha fornito cifre, ma l’ipotesi che circola – attribuita ufficiosamente anche a Brahimi – che potrebbero essere tremila i caschi blu da mandare nel paese, ma ha precisato Ladsous, se una eventuale tregua si dimostrasse solida. Un passaggio del genere ha bisogno di una nuova risoluzione approvata dal Consiglio di sicurezza, e quindi del consenso anche di Russia e Cina, che finora hanno tenuto una posizione diversa da quella dei paesi occidentali ed arabi.
Al Segretario generale dell’Onu Ban Ki Moon si è invece rivolto direttamente il governo siriano, con una lettere inviata lo scorso 4 ottobre ma resa pubblica solo lunedì 22. Nella lettera, le autorità di Damasco criticano le sanzioni internazionali (occidentali soprattutto) che a più riprese sono state imposte contro aziende e individui considerati vicini al governo. Secondo quanto l’ambasciatore siriano all’Onu Bashar al Jafaari ha scritto, le sanzioni sono “illegali e immorali” e colpiscono soprattutto i bambini: “Sono i bambini a soffrire di più per queste sanzioni e per le difficoltà che creano a diversi settori, in particolare a quello della sanità – ha scritto al Jafaari – La difficoltà di cambiare denaro causata dalle restrizioni imposte alle banche nazionali ha avuto un impatto negativo sulla capacità di importare vaccini infantili e medicine, ha fatto aumentare i costi dell’equipaggiamento medico e reso quindi i rifornimenti discontinui”. Il governo di Damasco chiede quindi che le sanzioni vengano eliminate.
Secondo i dati dell’Organizzazione mondiale della sanità, la Siria era quasi autosufficiente in fatto di produzione di medicinali, con il fabbisogno coperto al 90 per cento dalla capacità nazionale. Questa capacità produttiva è drasticamente calata a causa del conflitto, che va avanti ormai da venti mesi, e dalla riduzione dell’importazione di materie prime dovuta alle sanzioni. Nella sua lettera, al Jafaari respinge le accuse formulate da un rapporto stilato da Leila Zerrougui, inviata speciale di Ban Ki Moon per l’infanzia nelle aree di conflitto. Zerrougui aveva scritto che entrambe le parti in Siria si sono rese responsabili di violazioni dei diritti dei bambini, colpiti sia dai combattimenti che da abusi. Secondo al Jaafari, “sono i gruppi terroristici armati che violano i diritti dei bambini in Siria e impediscono l’evacuazione di feriti, malati e disabili dai quartieri dove sono tenuti ostaggio”. Secondo i gruppi dell’opposizione, invece, sono le forze governative le principali responsabili degli abusi e delle vittime civili.
Oltre alla proposta di Brahimi, comunque qualcosa si sta muovendo, con un nuovo attivismo della diplomazia turca. La scorsa settimana, a Baku, c’è stato un incontro tra il primo ministro turco Tayyip Recep Erdogan e il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad. Secondo la stampa turca, l’incontro dovrebbe essere il primo passo per l’avvio di un meccanismo di vertici trilaterali che dovrebbero coinvolgere Turchia, Russia, Iran, Arabia saudita ed Egitto per cercare una soluzione “regionale” alla crisi siriana. Soluzione che potrebbe iniziare proprio dalla tregua per l’Eid al-Adha, fra tre giorni.
Intanto è di almeno venti morti, tra cui donne e bambini, il bilancio di un bombardamento sferrato dalle forze del governo siriano su un panificio di Aleppo, nel nord della Siria, secondo gli attivisti dell’opposizione, che hanno anche diffuso video nel quale appaiono corpi decapitati tra pagnotte sparse. Un attivista dell’opposizione ad Aleppo, Majd Nour, ha riferito che nel primo pomeriggio due missili hanno colpito il panificio, che si trova nel quartiere orientale di Hananu, dove i ribelli dell’Esercito libero siriano erano di guardia. “La linea del fronte è a circa due chilometri dal panificio, a Karm al-Jabal. C’è stata una tregua da quando l’esercito ha bombardato di notte – ha detto Nour -. E’ stato calmo per tutto il giorno e poi le forze di Assad hanno sparato tre missili. Il primo è atterrato vicino al panificio e altri due lo hanno colpito”.
di Joseph Zarlingo
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