Aperti a possibili miglioramenti, ma solo con proposte degne di nota, che per ora non sono arrivate. E’ questa la linea ufficiale del premier Mario Monti per quanto riguarda la legge di stabilità. In altro parole, se di negoziato con i partiti si tratta, l’asticella per ‘parlare’ è a un livello molto elevato, nonostante le tante critiche che il ddl ha suscitato in questi giorni. D’altra parte, Pdl, Pd e persino l’Udc chiedono modifiche: dalla scuola, all’Iva; dall’Irpef, ai tagli alle detrazioni. E Silvio Berlusconi, ieri sera a cena dal presidente del Consiglio, garantisce di voler rispettare gli impegni presi ma con l’obiettivo, in prospettiva, di ridurre la pressione fiscale, partendo dall’Imu sulla prima casa. Anche Bersani non mette in dubbio il via libera alla legge. “Domani si troverà l’accordo sul ddl stabilità, e il governo è e resta saldo” ha detto il segretario del Pd, commentando ai microfoni della trasmissione Agorà la dichiarazione del segretario della Lega, Roberto Maroni, secondo cui “il governo non mangia il panettone perché non arriva a Natale”. “Il governo della Lombardia o dell’Italia? No, quello di Monti arriva, arriva. Domani troveremo l’accordo sul Ddl stabilità. Discutiamo, diremo la nostra, ma alla fine non è certo in dubbio la stabilità del governo”, ha detto Bersani.
In questa situazione, tuttavia, il governo ha un alleato forte: il Colle. Giorgio Napolitano, infatti, ha invitato le forze politiche a non buttare a mare il lavoro sin qui fatto dai tecnici. Parole che confortano il professore, sempre più stretto nella tenaglia della sua stessa maggioranza. A Palazzo Chigi ripetono che, eccezion fatta per l’ineludibile ‘paletto’ dei saldi che devono necessariamente restare invariati, l’esecutivo non ha intenzione di erigere ‘barricate’ nel dialogo aperto con le forze politiche. Tuttavia, con la stessa franchezza, si difende la logica economica della legge, sottolineandone la coerenza con gli obiettivi di equità che il Governo si era dato a inizio mandato. In questo senso vanno lette le parole di Vittorio Grilli in Parlamento. Durante un’audizione alla Camera, il ministro dell’Economia ha difeso a spada tratta il testo varato dal Cdm due settimane fa, rimarcando soprattutto un concetto: la platea dei beneficiari delle misure è molto più estesa di quanto non appaia.
Un ragionamento che a Palazzo Chigi viene ripreso e completato. Non solo per sottolineare che ogni misura del ddl è stata ben calibrata, ma anche per ricordare che i singoli interventi sono interconnessi fra loro. Si ritiene cioè che non si possa modificare questo o quell’aspetto senza tener conto degli effetti. La volontà di dialogo, dunque, appare temperata dalla necessità che si tenga conto dell’impianto complessivo del ddl. “Noi non diciamo prendere o lasciare: siamo pronti a confrontarci e a migliorare il testo, ma diciamo anche che a nostro avviso l’impianto continua ad avere una logica di politica economica equa ed efficace, con effetti positivi sull’economia, che però rischiano di venire meno se si modifica la ricetta su cui poggia il ddl”, spiega alle agenzie una fonte di governo, tentando di riassumere la posizione del premier. Se i partiti vogliono migliorare il testo, quindi, devono proporre un insieme coerente di misure e non modifiche a singoli aspetti. E finora così non è stato.
Ragionamenti che dimostrano come, almeno agli occhi del premier, gli incontri avuti con i partiti a Palazzo Chigi non abbiano offerto alternative credibili al testo varato dal Cdm. I colloqui con Alfano, Casini e oggi Bersani “facilitano la comprensione reciproca, ma l’unico luogo deputato a eventuali modifiche è il Parlamento” ci tengono a sottolineare dal governo. Concetti che il professore, presumibilmente, ha ripetuto ieri sera anche a Silvio Berlusconi, Angelino Alfano e Gianni Letta. Con i vertici del Pdl si è parlato di diversi temi di attualità politica (tra cui anche la legge elettorale), ma è chiaro che uno dei piatti forti è stato proprio il ddl. Il segretario del partito ha passato parte del pomeriggio a via dell’Umiltà a studiare grafici e tabelle da sottoporre al premier. Con l’obiettivo primario di impedire l’aumento dell’Iva di un punto e il taglio delle detrazioni. Nel partito c’è chi sostiene che il Cavaliere si sia detto pronto ad andare al muro contro muro. Ma c’è anche chi ricorda che, nonostante i proclami minacciosi, più di una volta Berlusconi si sia poi rivelato fedele alleato di Monti.