Il limbo tra disoccupazione e pensione dei 90 partecipanti al World Café di Bologna: curriculum fuori mercato, una famiglia da portare avanti e figli neolaureati a loro volta disoccupati: "Tra 30 anni questa cifra aumenterà del 15% e sarà una nuova lotta tra poveri"
Licenziati, esodati e disoccupati a 50 anni. La crisi non tocca solo giovani e neo laureati, ma esiste una generazione di mezza età costretta ad affacciarsi al mercato del lavoro trovando solo porte chiuse. Una fascia di popolazione che incontra più ostacoli dei loro figli: “Se i giovani con una laurea e un master non hanno offerte, come potremmo averle noi?”. Lo raccontano Lucia, Benjamin e gli oltre novanta partecipanti del World Caffè di Bologna, un’iniziativa di democrazia partecipativa che vuole raccogliere le esperienze degli inoccupati post 50 anni e presentarle a Bruxelles. L’incontro, unico in Italia, si inserisce in un’iniziativa europea che ha toccato altre cinque nazioni (Germania, Francia, Gran Bretagna, Spagna e Repubblica Ceca) in occasione del progetto European Voices for Active Aging, promosso nell’anno europeo per l’invecchiamento attivo e la solidarietà tra generazioni.
Oltre il 20% della popolazione europea ha più di 60 anni, a fronte di un dato che oscilla tra 5 e 12,4% in Africa del nord, Asia e America Latina. E le prospettive fino al 2025 segnalano un invecchiamento progressivo in tutto il mondo. Davanti a cittadini sempre più anziani, le politiche dei singoli stati non tengono in considerazione le nuove necessità. A fare il primo passo è l’Unione Europea, che intende promuovere interventi per ricordare alle nazioni che è giunta l’ora di pensare anche a chi vive nel limbo tra disoccupazione e pensione.
“Sono donna, mamma e ho 47 anni, – racconta Lucia Orsini, – come posso pensare di poter trovare un altro lavoro?”. È la storia di Lucia che cerca un lavoro e che si sente dispersa in un mare di indifferenza, senza strumenti o reti di protezione, in attesa di una pensione che non si sa quando arriverà. Le vite dei nuovi inoccupati si assomigliano le une alle altre e tutte finiscono con l’iscrizione agli uffici di collocamento, a cui segue la rassegnazione. “Ero operaia in aziende grafiche, – continua Lucia, – poi dopo la terza gravidanza ho dovuto lasciare il mio posto di lavoro. La situazione purtroppo per una persona della mia età è molto difficile. Ora sono alla ricerca, ma non trovo nulla. Cassiera, commessa, operaia. Va bene tutto. Non dico che sono rassegnata, ma insomma… cos’altro dovrei dire?”.
Al World Caffè di Bologna, l’idea è quella di sedersi intorno ad un tavolo e parlare liberamente delle proprie esperienze. L’incontro è promosso dall’Associazione Italiana per la Partecipazione Pubblica che ha scelto un argomento delicato di discussione: “Abbiamo una popolazione che invecchia e che pone delle sfide, in particolare nel mondo del lavoro. È un tema di grande rilevanza e su questo dobbiamo chiamare a discutere i cittadini – dice Rodolfo Lewanski, professore all’Università di Bologna e presidente di Aip2,- L’Europa ha dimostrato di vedere un problema di cui nessuno Stato si occupa. Se il ciclo elettorale è di cinque anni perché dovrei occuparmi di un fenomeno che si presenterà tra venti?”.
Ma non c’è solo la mancanza di un lavoro a pesare sui lavoratori anziani: molti di loro sono costretti a continuare a svolgere le loro professioni per mancanza di altre fonti di sostentamento o per mantenere figli disoccupati. Secondo le previsioni, si prevede che nei prossimi 30 anni il numero di lavoratori ultra cinquantenni aumenterà del 15%, mentre quello degli under 55 calerà del 25%. Un dato allarmante che disegna un mercato del lavoro chiuso e senza ricambio, tra disoccupazione giovanile e lavoro ultra cinquantenne. “I miei genitori non possono andare in pensione, – dice Annalisa Bolognesi, – e io ho tre lavori a progetto. La disoccupazione degli anziani è un problema che si ripercuote direttamente sulla nostra generazione. Mancano politiche che valorizzino le competenze e incentivino davvero l’assunzione ”.
Una lotta tra poveri, dove nuovi inoccupati si trovano a lottare per una seconda chance. E se gli italiani possono contare su una rete di protezione familiare, lo stesso non vale per gli stranieri. In Italia da oltre 20 anni, Benjamin Adebiym è italiano d’adozione e conosce bene le dinamiche del lavoro nel nostro paese. Sindacalista nella sua impresa vive di cassa integrazione e dice: “Trovarsi senza lavoro è terribile. Io seguo i miei colleghi, basta che perdano il lavoro e non hanno nessuna possibilità di reintegrarsi. Lo Stato dovrebbe intervenire per far sì che giovani e anziani non siano in lotta gli uni con gli altri per un posto di lavoro, ma che possano lavorare al fianco”. E se un italiano conta su nonni, amici e fratelli, per chi in Italia non è nato e magari lotta per la cittadinanza da anni, il welfare è quasi inesistente.
“Quella che ci aspetta è una sfida demografica, – sottolinea Patricia Munro, responsabile del World Caffè Europe, – e gli Stati devono farsi trovare pronti oppure la situazione sarà davvero critica”. Sono la generazione di lavoratori over 50, hanno i capelli bianchi ed esperienze decennali di lavoro. Hanno figli laureati, con master e stage all’estero a cui non solo non hanno un futuro da offrire, ma ai quali devono chiedere di accontentarsi per tirare alla fine del mese. In attesa che qualcuno si ricordi di loro.