Una delle frasi più celebri della grande fotografa americana Berenice Abbott recitava così: “Una fotografia è, o dovrebbe essere, un documento significativo che può essere descritta con una sola parola: selettività”. Scegliere – quindi fotografare – per la Abbott voleva dire concentrarsi su un soggetto che colpisse e stimolasse l’immaginazione al punto “di non poter far a meno di fotografarlo”. L’urgenza e il senso d’ineluttabilità del raccontare la violenza e i soprusi contro le donne, quei diritti richiesti e negati, i circoli viziosi da spezzare, ma anche l’amore eterosessuale e omosessuale, la famiglia, la bellezza, compongono il fil rouge della rassegna fotografica Shades of Women inaugurato al Teatro Due di Roma.

Trenta tra le più affermate e premiate fotografe internazionali esporranno i loro progetti fotografici in un teatro storico nel centro di Roma per cinque lunedì. “Ogni serata sarà dedicata a un tema diverso con musica e letture di testi che interagiscono con le immagini” spiega Ilaria Prili, fotografa e curatrice della rassegna che oggi si apre con il tema “Bleeding Blossoms” in cui verranno presentati, tra gli altri, i lavori sulle donne afghane di Lana Slezic, fotografa canadese vincitrice di World Press Photo e il cui libro “Forsaken” è considerato tra le dieci migliori raccolte fotografiche da American Photo magazine.

A seguire saranno introdotti i lavori di Nadia Shira Cohen sulla Primavera araba, di Ilvy Njiokiktjien And su un campo di addestramento in Sudafrica dove gruppi di adolescenti bianchi vengono addestrati all’odio razziale e il progetto della fotoreporter italiana Simona Ghizzoni in cui viene raccontata la tragedia di un popolo nel Sud del Marocco attraverso le testimonianze delle prigioniere sopravvissute a violenze e torture. La Ghizzoni, classe ’77, ha già alle spalle un World Press Photo e diversi riconoscimenti internazionali. E’ una delle poche donne a far parte dell’agenzia fotografica Contrasto: “Ho cominciato diversi anni fa con un progetto sui disturbi alimentari poi mi sono interessata alle conseguenze dei conflitti sulle donne – spiega – Le donne intraprendono guerre più silenziose ma pur sempre guerre: aspettano il ritorno dei familiari, cercano di mantenere unita la famiglia, ricostruiscono rapporti. Si tratta di storie che i media mainstream non raccontano e spiegano ma che bisogna portare a conoscenza del pubblico”.

La seconda serata è dedicata al viaggio e ai lunghi tragitti del corpo e dell’anima. Ad esporre Chiara Goia, fotografa italiana con base in India, con il suo lavoro sulle Maldive minacciate dalla crescita del livello del mare e Maike Pullo che ha percorso con la sua macchina fotografica il Danubio dalle sue sorgenti in Germania fino al delta in Romania documentando usi, costumi, lingue e vita della civiltà danubiana. Il terzo capitolo di Shades of Women è intitolato “Nasty circles”. “In questo terzo appuntamento abbiamo voluto affrontare il tema delicato dei circoli viziosi da cui non si riesce ad uscire, della coattività e inamovibilità di alcune situazioni” spiega Prili. Bellissimo il lavoro di Clara Vannucci che è riuscita ad entrare nella sezione femminile del carcere di Rikers Island a New York dove vengono detenute donne che hanno commesso crimini dopo aver subito violenza. Toccante il reportage della brasiliana Lurdes R. Basolì sulle favelas a Caracas che lei definisce “una città che non sa che cosa fare dei suoi morti, forse perché nessuno in realtà si sente vivo”.

Di grande attualità il progetto della fotografa Francesca Leonardi che con il suo “Bed Dreams” racconta i viaggi di disperazione e solitudine di rifugiati e rifugiate politiche che dalla Tunisia cercano la speranza di una nuova vita sulle coste italiane. I legami tra uomo e donna e l’amore declinato in forme diverse è il quarto tema. Dalle storie delle Sorelle Musulmane, il braccio femminile dei Fratelli Musulmani in Egitto, che la fotografa belga Pauline Beugnies è riuscita ad avvicinare al Cairo, al progetto della italiana Eleonora Calvelli che in “Rainbow families” ci guida nella vita di alcune coppie omosessuali che hanno adottato bambini, raccontando le loro speranze e paure. Nell’ultima serata, che si terrà il 17 dicembre, spiega Ilaria Prili “parleremo della femminilità e della ricerca ossessiva della bellezza da parte di alcune donne”. La fotografa americana Amy Touchette presenta il percorso di una donna il cui sogno, realizzato, era diventare Drag Queen e ora è una star del Burlesque a New York. Laerke Posselt espone il suo lavoro sui beauty-contest in America per bambine mentre le italiane Anna di Prospero e Vittoria Regina si concentrano sull’intensità degli auto-ritratti. La di Prospero si auto rappresenta nella sua casa “il set è il mio appartamento”, dice, mentre Vittorie Regina ricorre a un linguaggio onirico e surreale per raccontarsi e mettersi in gioco.

“Tra i nostri obiettivi c’è la volontà di far conoscere al pubblico storie intense, alcune di tenore più leggero altre meno, ma anche di mostrare la capacità di tante fotografe donne che hanno uno sguardo diverso rispetto ai colleghi uomini e la possibilità di accesso a situazioni e contesti per gli uomini chiaramente off-limits”. Selezionare “solo” 30 professioniste è stato uno dei compiti più complicati, confessa la curatrice della rassegna. Nel mondo della fotografia c’è molta eccellenza al femminile ma per riprendere la frase della Abbott, sta tutto nel selezionare.

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