Ho inviato quindici giorni fa al presidente dell’Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino la lettera seguente. Temevo una risposta solo politica, ma ad oggi non mi è pervenuta nemmeno quella. Si sarà persa in rete?
Egregio Presidente,
ho letto sul sito dell’Ordine l’avviso che mette in guardia gli aspiranti pubblicisti e mi pongo molte domande.
Molti direttori di testata – ovviamente iscritti all’Ordine – sfruttano il lavoro di giovani desiderosi di diventare giornalisti essendo ben consapevoli che costoro non saranno retribuiti o che le promesse di iscrizione all’Albo sono false, tanto più che sempre più spesso il direttore è anche – in varie forme – editore del giornale.
Tuttavia l’Odg fa ricadere sui giovani aspiranti il peso dell’accertamento dei requisiti per l’iscrizione all’albo dei pubblicisti e continua ad affidare ai direttori di testata (quelli onesti e quelli che approfittano) il potere di certificare l’attività svolta.
Personalmente sono favorevole agli Ordini professionali, ma alcune situazioni – come quella citata – sembrano confermare all’opinione pubblica che si tratti di caste, proprio nel momento in cui un altro partito politico (i Radicali, ndr) chiede in parlamento l’abolizione dell’Ordine dei giornalisti.
Per meglio illustrare le mie perplessità, riporto di seguito* alcune riflessioni che scrissi a luglio 2010 sulle modalità di iscrizione all’Albo dei pubblicisti, omettendo qui i successivi commenti alla riforma proposta dall’Ordine (che comunque non condividevo). Spero che abbia il tempo di leggerle e confido che non mi dia una risposta politica.
Grazie per l’attenzione e cordiali saluti.
* (…) Ma il vero grave problema sono gli alti importi della retribuzione richiesta da molti Ordini per la validità del periodo di “tirocinio“, il che comporta il fatto che le redazioni tendano a rifiutare la collaborazione a persone che non siano parenti di un Vip.
Prova ne sia una ricerca dell’Ordine dei giornalisti del 18 maggio 2010 dal titolo “Smascheriamo gli editori”, che presenta un quadro nero della retribuzione media dei giornalisti sulle grandi e medie testate italiane: le retribuzioni (lorde) dei giornalisti in genere si aggirano sui 2,5-10 euro a notizia oppure ad articolo (eccetto che per alcune testate nazionali, con 30-50 euro), mentre per l’accesso alla professione gli Ordini regionali dei giornalisti impongono una retribuzione minima di 25 euro per la notizia, 60 per l’articolo, cioè quanto stabilito dal tariffario nazionale dei giornalisti già iscritti all’Ordine.
Questo significa che i giornali – pur pagando ai giornalisti iscritti agli Albi cifre risibili – dovrebbero essere disponibili a pagare 10 o 20 volte tanto i semplici aspiranti giornalisti. E non per un articolo (che potrebbe essere uno scoop particolare), ma per i 24-90 articoli richiesti in un biennio.
Appare evidente che o la norma è fatta per impedire alla quasi totalità dei cittadini di iscriversi agli Ordini, oppure che chi riesce ad iscriversi è amico o parente del direttore, dell’editore o di un politico o altro personaggio importante. Solo in questi casi è pensabile che le redazioni accettino di compensare con 60 euro un lavoro che ad un giornalista professionista pagherebbero mediamente un decimo o un ventesimo di tale cifra.
Il problema delle retribuzioni è tanto attuale che qualche giorni fa l’Ordine dei giornalisti rendeva nota l’esistenza di alcune proposte di legge “per promuovere l’equità retributiva nel lavoro giornalistico”, alla
Camera e al Senato. Uno dei parlamentari denunciava con scandalo i “dati della vergogna” contenuti nella ricerca fatta dall’Ordine.
Ma che i dati siano una vergogna lo diciamo anche qui, con riferimento tuttavia non ai giornalisti già iscritti, ma ai requisiti richiesti dall’Ordine per l’iscrizione agli Albi dei giornalisti. E non è pensabile che gli Ordini non
lo sappiano, sia perché sono essi stessi fatti da giornalisti, sia per via della ufficializzazione dei risultati della ricerca di cui sopra.(…)