Qualcuno si sarebbe aspettato che con il passo indietro, Berlusconi ne facesse fare finalmente uno in avanti ad Angelino Alfano. Ma l’incoronazione del delfino ieri non c’è stata. Anzi, è sembrato che il Cavaliere abbia voluto sospingere definitivamente il suo successore in pectore verso il baratro politico rappresentato dal possibile bagno di sangue nelle urne delle elezioni siciliane. Dove il vero, primo sconfitto politico potrebbe non essere Nello Musumeci, ma proprio Alfano; un delfino definitivamente spiaggiato sul sagrato di palazzo dei Normanni mentre il partito affronta la tempesta interna più potente e definitiva di sempre.
Il segretario di un Pdl di plastica, squagliato al sole delle inchieste e degli scandali, adesso appare ancora più debole e fragile di quanto poteva già sembrare prima, quando comunque l’essere il megafono del vero Capo gli dava almeno l’alveo della dignità del portavoce. Il segnale concreto che il giovane avvocato siciliano non possa aspirare ad altro che ad essere ricandidato in Parlamento per continuare a fare solo il maggiordomo del sovrano decaduto, la si è avuta ieri quando Daniela Santanchè esattamente dieci minuti dopo il sofferto annuncio del passo indietro berlusconiano, ha suonato la carica della sua discesa in campo: “Mi candido alle primarie!”. Neanche uno sguardo distratto gettato sulla fotografia di Alfano. Pochi minuti ancora ed ecco la voce di Giancarlo Galan che si è messo a disposizione soprattutto per “parlare con la Lega”, avvertendo di volersi far prestare la ramazza da Maroni e di voler buttare alle ortiche i Dell’Utri e gli Scajola, “con i quali non mi sentirei più a mio agio a condividere un seggio parlamentare”. E anche lì, neppure un ringraziamento al ruolo di collante svolto dal segretario fino a questo momento. Così, tanto per una questione di cortesia tra prossimi rivali.
Oggi, poi, probabilmente, usciranno allo scoperto anche altri nomi del defunto partito di maggioranza relativa per gettarsi nell’agone delle primarie del 16 dicembre, che sembrano indette apposta in quella data per offuscare la suspance rappresentata dall’attesa per il secondo, decisivo, turno delle primarie a sinistra. Di sicuro un ruolo da protagonista di questo scontro se lo vorrà ritagliare Gianni Alemanno, un sindaco di Roma consapevole di non avere grandi chance di ritornare in Campidoglio (anche nell’assenza di un vero candidato a sinistra) così come anche il “ribelle” Guido Crosetto cercherà di dare una parvenza di normalità al volto nascente del centrodestra. In ultimo, il leader dei formattatori, quel giovane sindaco di Pavia, Alessandro Cattaneo, che è ovviamente inviso alla nomenklatura pidiellina, ma che potrebbe avere qualche numero da giocarsi tra i giovani del partito, anche se si parla comunque di percentuali di consenso tutte precedute da un pesante “zero virgola”.
Tanti nomi, insomma, che più che a delle primarie fanno pensare ad un Vietnam e che nascondono una realtà diversa. Che il Cavaliere non è affatto uscito di scena. Questa mossa del “passo indietro” è stata solo determinata dalla convenienza. Politica, ma soprattutto economica delle sue aziende. I conti Mediaset vanno a rotoli, il Milan è un pianto non solo sportivo e i russi acquirenti stanno facendo giganteschi passi indietro al tavolo dell’acquisizione delle quote della società. Per non parlare poi dei processi, quello Mediaset che arriva a sentenza proprio domani e quello Ruby, la cui prescrizione vola alta verso il 2019 e dunque con altrettanto alte probabilità che arrivi a sentenza molto prima. Se avesse atteso ancora, Berlusconi si sarebbe caricato della responsabilità di aver dato lui il colpo di grazia al partito e , soprattutto, al centrodestra. Aprendo lo “scannatoio primarie”, in realtà si è ritagliato lo spazio per poter trovare il vero nuovo delfino. Perché, sia chiaro; il suo successore lo sceglierà lui, non certo le primarie. Berlusconi non ha mai creduto nella democrazia elettiva, figurarsi se può permetterla nel suo campo di gioco.
Da oggi, insomma, è cominciata la traversata nel deserto del Cavaliere alla ricerca del “figlio” politico nel quale compiacersi e a cui lasciare lo scettro della gestione di quella che sarà la nuova Forza Italia. Gli piacerebbe uno come Matteo Renzi, lo ha già detto, ma per il momento il sindaco di Firenze gioca ancora (non si sa per quanto, invero) in campo avversario, mentre molti occhi sono puntati su Maria Stella Gelmini, da sempre una “favorita” che per prima ha avuto l’intuizione politica di costruirsi un proprio bacino elettorale e una forte rete di sostegno economica che potrebbe fare la differenza, sulla lunga distanza. La partita, comunque, è appena cominciata, anche se ieri c’è stata anche una suggestione colta solo da alcuni osservatori privilegiati del circo politico di via dell’Umiltà. Mentre il Cavaliere dava alle stampe la sua uscita di scena, un altro protagonista lasciava un trono economico costruito con perizia negli anni; Montezemolo ha detto addio alla presidenza di Ntv per crescenti impegni professionali (la nuova vicepresidenza di Unicredit, ma non solo). Due passi indietro pesanti, a distanza di poche ore, scollegati tra loro, ma difficili da non leggere in simultanea. Due mosse che potrebbero intrecciarsi, in futuro. Che possa essere proprio il presidente della Ferrari un papabile nuovo leader per un nuovo centro-destra post-berlusconiano? Montezemolo lo esclude già (“Non mi candido, farò politica aiutando i giovani che vogliono dare qualcosa al Paese, non ricevere”), ma lo smarcamento rientra nel gioco, e in realtà nella partita c’è anche lui. “Con l’uscita di Berlusconi cambia tutto, si sgombra uno spazio politico” ha confidato una fonte vicina a Montezemolo, intendendo che potrebbe essere lui ad occuparlo quello spazio. “Una delle condizioni del presidente (Montezemolo) per un impegno in prima persona era il passo indietro di Berlusconi. Ora c’è stato, e si possono creare le condizioni per un nuovo polo moderato”. Che è l’idea a cui lavora Montezemolo da tempi non sospetti. Berlusconi potrà continuare a cercare il suo delfino, ma accanto a lui si intravede un’ombra pesante. Che, forse, uscirà allo scoperto a ridosso delle primarie. Scompaginando ancora i giochi e forse chiudendo definitivamente questo grottesco ventennio a colori.