Per la prima volta è stato trapiantato con successo il Dna mitocondriale in ovociti umani. E’ stato sostituito cioè il Dna che non è nel nucleo, ma nelle centraline energetiche delle cellule (i mitocondri) e che è trasmesso per via materna. Il risultato, pubblicato sulla rivista Nature, dimostra la possibilità di prevenire le malattie mitocondriali, ossia le malattie ereditarie trasmesse dalla madre e che colpiscono in particolare cervello, cuore, muscoli, pancreas e reni.
La ricerca è stata condotta dal gruppo dell’Università di scienza e salute dell’Oregon coordinato da Masahito Tachibana. I ricercatori hanno trapiantato il Dna mitocondriale in 65 ovociti umani donati a fini di ricerca, dai quali sono stati ottenuti embrioni e da questi cellule staminali. Il tasso di fertilizzazione dopo il trasferimento (73%) era simile a quello riscontrato negli ovociti controllati (75%), anche se più della metà mostrava anomalie. La stessa tecnica era stata già applicata con successo in alcuni primati, che oggi hanno tre anni e godono di ottima salute. “Il trasferimento di mitocondri nel citoplasma degli ovociti si effettua da parecchio tempo”, commenta Massimo De Felici dell’Università di Roma Tor Vergata. Due le possibili applicazioni: il ringiovanimento degli ovociti e ovviare a possibili mutazioni del Dna mitocondriale. “Bisognerà verificare – aggiunge – se esistono delle anomalie, ma è la prima volta che viene eseguito un trasferimento di questo tipo sugli esseri umani. Con questa tecnica potrebbe essere bloccat0 un numero rilevante di malattie a carattere ereditario: quelle mitocondriali e trasmissibili dalla madre”.
E’ un “passo importante che si attendeva da tempo” anche secondo il direttore del laboratorio di Biologia dello sviluppo dell’università di Pavia, Carlo Alberto Redi: “Finalmente si apre l’opportunità di poter sperimentare nuove molecole” e “capire che cosa è possibile fare con la chirurgia degli ovociti per evitare le malattie mitocondriali”. La possibilità di sostituire completamente, in un ovocita, il Dna mitocondriale mutato con quello di una paziente sana promette di trasformare radicalmente lo scenario attuale, nel quale “non esistono cure per le malattie mitocondriali e i trattamenti disponibili possono solo alleviare i sintomi e ritardare la progressione della malattia”, spiega Tachibana. Per trasformare questa tecnica in una terapia sono necessari ulteriori studi clinici, “ma questo primo test – conclude lo studioso – è la prova che questa operazione è possibile”.