«Mo mi avete rotto i coglioni, qua dovete firmare, mettete qualche appiglio che volete voi, però oggi la conferenza si deve chiudere, il parco è una cosa importante e deve passare perché questo è il volere di Nicola Adamo». La frase dell’ex dirigente del dipartimento economia della Regione Calabria, Carmelo Misiti, lascia poco spazio all’immaginazione su quanto ci tenesse all’eolico l’ex vicepresidente Nicola Adamo, oggi consigliere regionale del gruppo misto, ex potente, prima del Pci e poi del Pd, marito di Enza Bruno Bossio (per la quale il pm ha chiesto l’archiviazione), una dei membri della direzione nazionale del partito di Bersani. Il suo nome, adesso, compare tra i 27 indagati nella maxi inchiesta coordinata dal sostituto procuratore di Catanzaro Carlo Villani.

Associazione a delinquere, corruzione, abuso d’ufficio e minaccia: le accuse contestate a Nicola Adamo, già coinvolto nell’inchiesta “Why Not” dell’ex pm Luigi De Magistris e assolto in primo grado, sono contenute nell’avviso di conclusione indagini notificato oggi all’ex esponente della giunta Loiero. Adamo viene descritto dagli inquirenti come il «leader di una struttura criminale». Sarebbe lui, secondo il pm Villani, il terminale di una tangente di 2 milioni e 400mila euro della quale gli agenti della Digos sono riusciti a ricostruire il pagamento dell’ultima trance da 912mila euro. Un business di cui hanno approfittato anche tre funzionari della Regione i quali per autorizzare il parco eolico di Spezzano avrebbero ottenuto in cambio quote della società interessata al progetto.

L’indagine, denominata “Eolo” ha preso il via grazie alle intercettazioni telefoniche sul cellulare dell’imprenditore cosentino Mario Nucaro (anche lui indagato) che svelò il sistema di corruzione in cui sguazzano imprenditori, politici e funzionari pubblici. Nell’avviso di conclusione indagini, le considerazioni più pesanti il sostituto procuratore Villani le riserva all’ex vicepresidente Adamo, che “strumentalizzando il suo ruolo si adopera per intervenire direttamente, attraverso i suoi sodali che fa nominare in ruoli chiave dell’amministrazione regionale, ovvero indirettamente, attraverso la sua influenza politica, e per condizionare l’esito dei procedimenti diretti all’emanazione di provvedimenti amministrativi nonché di regolamenti favorevoli nei riguardi dei privati corruttori». In sostanza, il politico di centrosinistra si era servito dell’uomo giusto al posto giusto: c’era chi teneva i contatti con gli imprenditori e chi, come il dirigente Misiti, era di fatto il suo «braccio esecutivo» in grado di agevolare l’iter autorizzativo per gli impianti eolici.

Ecco, quindi, che i magistrati sono riusciti a dimostrare come il gruppo Erg sarebbe stato disposto a versare una tangente di quasi 2 milioni e mezzo di euro per ottenere l’autorizzazione a realizzare l’impianto eolico “Pitagora” a Isola Capo Rizzuto e un testo favorevole nelle cosiddette linee guida sull’eolico ovvero gli “indirizzi per l’inserimento degli impianti eolici sul territorio regionale”. Due milioni e mezzo che non sarebbero altro che il 2% del valore complessivo dell’impianto “Pitagora”. Un accordo che avrebbe favorito tutti, imprenditori e politici, e che sarebbe stato suggellato il 3 agosto 2005 durante un incontro, avvenuto negli uffici della Regione. Una riunione in cui Nicola Adamo avrebbe affermato: «Se voi della Erg volete venire a fare degli investimenti in Calabria state tranquilli che avrete un’autostrada senza caselli».

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