Come ogni mossa di Silvio Berlusconi che si rispetti, la parola chiave è comunicazione. Una volta c’era stato il video della discesa in campo, poi era arrivato per posta Una storia italiana, quindici anni dopo fu la volta del predellino. E adesso, ecco le primarie. Antonio Palmieri, responsabile comunicazione del Pdl, ammette che ci sta lavorando da mesi. Mentre meditava sul da farsi, accusava Alfano di non avere il quid e assisteva al precipitare dei sondaggi, l’ex premier era alla ricerca di un’idea per ridare vita al partito tramortito dalla fine del suo governo.
Ecco, le primarie. “Saranno aperte – spiega Palmieri – e ci sarà la possibilità di scegliere il proprio candidato on line, abbiamo già studiato tutti gli strumenti per evitare l’inquinamento del voto”. E poi saranno veloci. Bisogna ancora stabilire le regole eppure la data è ravvicinata: 16 dicembre, tra un mese e mezzo. “Sono una novità necessaria – dice l’ex ministro Saverio Romano – ma dubito che in così poco tempo si possano fare primarie vere”. Non è questo che interessa al centrodestra. A loro serve un momento “fondativo”. Tanto meglio se si allargano ai “moderati”. “Chi le vince – dice il senatore Andrea Augello – ha recuperato tutto quello che ha perso il Pdl”. Le primarie aiutano a riaprire i giochi. E in particolare la partita con l’Udc. “Con questa mossa Berlusconi ha tolto ogni alibi a Casini, e pure a Maroni”, dice il deputato Pdl Ignazio Abrignani. Lui consiglia al segretario del partito di non limitare la sfida tra esponenti del Pdl ma di allargarla alla futura coalizione. In campo fino ad ora, oltre ad Angelino Alfano, ci sono Daniela Santanché e Giancarlo Galan. Ancora in forse Guido Crosetto, mentre ci sarà sicuramente un ex An (si fanno i nomi di Giorgia Meloni, Alfredo Mantovano e Gianni Alemanno, anche se i “padri”, Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa hanno già detto che sosterranno Alfano).
Non si esclude la corsa di una figura della società civile. I soliti nomi, come quello di Luca Cordero di Montezemolo che ieri, per tutt’altre ragioni, si è dimesso dalla presidenza di Ntv (al suo posto Antonello Perricone, ex amministratore delegato di Rcs), precisando che non si candida a nulla. Certa la candidatura dell’avvocato Giampiero Samorì, azionista della Banca popolare dell’Emilia Romagna, soprannominato dalle cronache locali “il Cavaliere di Modena”. Samorì era stato vice di Marcello Dell’Utri nei “circoli del buongoverno”, ora guida i Moderati in Rivoluzione che tra due settimane si vedranno per la prima volta a Chianciano, ma da tempo hanno sede a Roma, in viale Parioli. Poi ci sarà un nome scelto dai formattatori, versione pidiellina dei rottamatori democratici: “Noi ci saremo”, annuncia il 34enne sindaco di Pavia Alessandro Cattano, augurandosi che il partito non cambi idea a seconda del risultato delle elezioni siciliane.
Nessuno sulla carta ha la stazza per ambire alla successione di Berlusconi. Per questo le prime primarie del centrodestra assomigliano già a una “gazebata” ben costruita. Un modo per mobilitare “lo spirito di aggregazione dei moderati”, per “portare gente nel contenitore dei centristi”. Insomma, spiegano nel Pdl, per stanare “l’ultimo dei mohicani”, Pierferdinando Casini che ha sempre posto come condizione per una nuova alleanza a destra il passo indietro dell’uomo di Arcore. Roberto Maroni, segretario della Lega, ieri ha già fatto sapere che la mossa di Berlusconi apre “nuove prospettive per il futuro”. Il leader Udc resta più cauto. Eppure, sarà un caso, ma ha aspettato dodici mesi seduto sulla riva del fiume. Era nello studio del Tg1 il 9 novembre del 2011, alla vigilia delle consultazioni al Colle di Mario Monti. Ieri c’è tornato, sornione più che mai. Ha detto che lui lavora per una “lista per l’Italia”, che dopo Monti c’è Monti. Ad Angelino Alfano lo aveva già spiegato una settimana fa, al vertice dei Popolari europei. Due giorni fa lo ha ripetuto a Renato Schifani, che ha incontrato in Sicilia. Ieri lo hanno aiutato a uscire dall’impasse. Come al solito Berlusconi ha dato le carte. Questa volta gli ha costruito un gazebo tutto per lui.
Da Il Fatto Quotidiano del 25 ottobre 2012