Arrostite delle fette, mai più alte di un centimetro, di in buon pane casalingo. Siate garbati, facendo attenzione che si tostino parzialmente e che, diventando al loro esterno crocchiose, rimangano all’interno con una loro morbidezza. Non tralasciate l’idea che, in ogni caso, devono subire un calore capace di farle raggiungere, sui due lati, un bel colore, che corra dal rame al bronzo, più, qua e là, piccole sfumature decisamente brunite, vicine al ferro battuto. Sarete entrati così nell’intimità del pane abbrustolito.
Lì, in solitudine, capirete con maniosità artigianale che, ad ogni intenzione alimentare, corrispondono infinite sfumature capaci di condurvi, per valli e valichi, su in alto, dove infine troneggiano le vette dell’approfondimento, che potrete raggiungere solo se temerari abbrustolitori.
Un conto é abbrustolire per struscicare un umido pomodoro, un altro per farcire con un asciutto e ben tirato prosciutto. In questo secondo caso ricordate che l’aggiunta di un filo di burro può far raggiungere al saporoso assemblaggio vertici ineguagliabili. Così, sempre con l’intenzione di abbrustolire con l’interiore morbidezza, provate queste due fette di pane “ripienandole” con una frittata avanzata dal giorno prima, fatta con un trito grossolano di cappelle di funghi porcini stufati con uno spicchio d’aglio, nipitella, olio, e un non-niente di qualche castagna “bruciata” e poi spezzettata.
Se vegetariani, vi potrete fermare qui. Ma se carnivori, non rinunciate a darle ulteriore sapore risaltando dentro, prima di aggiungerci le uova sbattute, piccoli pezzetti di pancetta di maiale, coscienti qui che la vera difficoltà starà nel farsi avanzare la frittata. Ma se ci riuscirete, al primo morso, al primo rumore, porterete alla vostra memoria l’emozione del primo bacio dato con amore.