Una scelta non comune, ma per l'avvocato di Zoia Veronesi, indagata per truffa, "sono state fornite specifiche precisazioni a dimostrazione dell'insussistenza dell'ipotesi di reato che le è stato contestato"
Zoia Veronesi, la storica segretaria di Pier Luigi Bersani, è stata interrogata questa mattina dai magistrati della procura di Bologna nell’ambito dell’indagine che la vede indagata per truffa aggravata ai danni della Regione Emilia Romagna. Quattro ore di domande, alle quali Veronesi avrebbe “puntualmente risposto – ha comunicato in una nota il legale Paolo Trombetti – fornendo specifiche precisazioni a dimostrazione della insussistenza dell’ipotesi di reato che le è stato contestato”.
Veronesi è accusata dal pm Giuseppe Di Giorgio di aver lavorato al fianco di Bersani a Roma, prendendo comunque lo stipendio dalla Regione in un arco di tempo di un anno e mezzo. La cifra contestata alla Veronesi fra stipendi e rimborsi per le missioni a Roma è di circa 150 mila euro.
L’inchiesta che vede coinvolta la segretaria di Bersani e l’allora capo di gabinetto di Vasco Errani in Regione, Bruno Solaroli, è nata nel 2010 da un esposto del deputato di Futuro e Libertà, Enzo Raisi e del consigliere comunale di Bologna Michele Facci (Pdl).
All’interrogatorio di questa mattina erano presenti il pm Di Giorgio, il procuratore aggiunto Valter Giovannini e alcuni ufficiali della guardia di finanza che hanno svolto le indagini. Il verbale dell’interrogatorio è stato secretato dalla procura, scelta non troppo comune e spiegata dall’avvocato Trombetti col fatto che ci sono ancora “delle indagini in corso”.
Al termine dell’interrogatorio Veronesi e il suo avvocato sono sfrecciati via dalla procura uscendo dal garage, a bordo di un’auto con i vetri oscurati da foglie d’albero per evitare le fotografie, e accelerando improvvisamente con una manovra anche leggermente rischiosa per i cronisti assiepati davanti all’uscita.
Intanto gli accertamenti dei magistrati proseguono. Nei prossimi giorni verrà sentito Bruno Solaroli, ex parlamentare, sottosegretario e capo di gabinetto del governatore Vasco Errani, indagato nella medesima inchiesta con l’accusa di abuso d’ufficio, perchè Solaroli firmò nel 2008 la delibera con la quale nominò Veronesi “dirigente professional”, e una seconda delibera con cui la nominò responsabile di un incarico ad hoc di raccordo con il Parlamento.
Imputazione la sua che comunque potrebbe essere modificata. Per ora gli inquirenti escludono di sentire come persona informata sui fatti il segretario del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani.
Al fianco di questa inchiesta ce n’è una seconda: la Corte dei Conti ha infatti un fascicolo sull’incarico affidato a Zoia Veronesi per curare i rapporti con le istituzioni centrali e con il Parlamento. La procura della Corte dei Conti vuole verificare, infatti, che non abbia costituito un danno erariale per le casse della Regione, dopo la presentazione ai pm dell’esposto del deputato di Fli Enzo Raisi.
Nei mesi scorsi, in occasione di un lavoro di riorganizzazione dell’archivio, il fascicolo sulla vicenda di Veronesi è stato classificato come una delle vicende da mandare avanti con una certa priorità da parte dei magistrati contabili. Al momento, però, l’inchiesta non è ancora arrivata a un punto d’arrivo.