Per sei lunghi anni la difesa del Cavaliere ha cercato di utilizzare lo "scudo" del lodo Alfano, via via smontato dalla Corte costituzionale e dal referendum. Nel 2010 l'allora premier convoca i suoi ministri nella data di un'udienza per poter esaminare il ddl ancora in discussione
Il legittimo impedimento come scudo nel processo Mediaset. La difesa Berlusconi ha cominciato a usarlo da parecchio tempo. Tra proposte, istanze e rigetti la storia è durata sei anni. La prima volta porta la data 27 novembre 2006, anche se in quel caso i difensori avevano chiesto un rinvio perché il Cavaliere aveva avuto un malore. Passano tre anni perché venga creata una legge ad hoc, ma il lodo Alfano viene dichiarato incostituzionale nell’ottobre del 2009. Alla ripresa del processo, fissata al 16 novembre, i legali di Silvio Berlusconi spiegano che il presidente del Consiglio è impegnato nel vertice mondiale sulla sicurezza alimentare. Parte la battaglia legale: accusa, difesa e giudici.
Il primo marzo 2010 però i giudici milanesi respingono il legittimo impedimento anche se l’impegno è una riunione del Consiglio dei ministri. In quella occasione la difesa aveva chiesto il rinvio dell’udienza perché coincideva con un consiglio dei ministri, slittato dalla data originaria, dedicato al ddl anti-corruzione (legge ad oggi non varata, ndr). Ma il Tribunale di Milano non accoglie la richiesta. Da qui la decisione dell’ex premier di sollevare il conflitto di fronte alla Consulta. Per i magistrati il Cdm è stato convocato dopo che era stata già fissata l’udienza per il processo che vedeva Berlusconi e altri imputati alla sbarra per frode fiscale. All’udienza successiva i giudici, è il 19 aprile, sollevano conflitto davanti alla Corte Costituzionale.
Il 13 gennaio dell’anno successivo i giudici emettono un verdetto a metà indicando nel giudice l’unico a poter sindacare e valutare se l’impedimento è legittimo oppure no e invitano alla “leale collaborazione” tra le parti, anche se bocciano i punti chiave del ‘legittimo impedimento’ (legge 51 del 2010) e in particolare l’impedimento continuativo fino a sei mesi attestato dalla presidenza del consiglio e l’automatismo nell’obbligo per il giudice di riconoscere la legittimità dell’impedimento. Il 28 febbraio riparte il processo e Berlusconi, che aveva dichiarato di volere partecipare alle udienze, viene dichiarato contumace.
Con la vittoria del sì al referendum sul legittimo impedimento, nel giugno del 2012, cade anche ciò che restava dello ‘scudo’ processuale. Con il referendum cadono ora anche quelle parti dello ‘scudo’ sopravvissute all’intervento dell’Alta Corte, in primis gli impegni istituzionali tipizzati per legge che il premier avrebbe potuto invocare per evitare di presentarsi davanti ai giudici milanesi di uno dei quattro processi a suo carico (Mills, Mediaset, Mediatrade e caso Ruby). E così Berlusconi, così come qualsiasi altro cittadino, avrebbe potuto invocare l’articolo 420-ter del codice di procedura penale in base al quale chi non si presenta in giudizio a causa di una ”assoluta impossibilità a comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento” ha diritto allo slittamento dell’udienza. La difesa non presenta più istanze di legittimo impedimento, ma chiede tempo per valutare un eventuale ricorso al rito abbreviato.