Non si sono ancora spenti gli echi delle polemiche collegate al post del 17 ottobre scorso, Premio Tenco? Meglio i pomodori, che ha provocato lo sdegno di gran parte dei duecento giurati del Premio Tenco, i quali si sono sentiti gravemente offesi da quanto pubblicato. Un post che ha suscitato un profluvio d’indignazione: chi sostenendo che le argomentazioni riportate fossero prive di fondamento, altri, che difettassero della necessaria preparazione. In verità quel post non aveva l’intento di insultare nessuno, né tantomeno la pretesa di far luce su eventuali errori o mancanze. Poteva al massimo celare la presunzione di ottenere alcune risposte, le quali – a conti fatti – sono arrivate.
Se quanto scritto (ammesso e non concesso) non è stato accettato perché ritenuto offensivo, scomposto ed immotivato, l’isterismo collettivo che ne è scaturito non è stato da meno: insulti, strepiti, ironia e chi più ne ha, più ne metta. Sono stato arbitrariamente processato “in diretta su Facebook” da una giuria intenzionata a mandarmi al rogo senza alcuna speranza.
Vorrei ricordare che lo scritto giudicato – a supporto del quale non è stata perpetrata alcuna indagine preventiva – non è uscito tramite articolo di giornale, ma attraverso il parlato confidenziale di un blog, seppure pubblicato “in nazionale”, che rimane ancorato ai concetti tipici della forma pensiero, poiché i dubbi ed i quesiti postati sono gli stessi che chiunque avrebbe potuto farsi (i 500 “likes” a corredo non sono un caso).
Scrivere impressioni, farsi domande, a volte fondate altre meno, sta alla base di ogni libera e ragionevole perplessità costruita all’interno di un blog, che lo differenzia dalla struttura meno elastica e duttile dell’articolo giornalistico. Senza dimenticare – e questo dovrebbe mettere tutti d’accordo – che la nostra Costituzione è incardinata sui principi di libertà di pensiero, di opinione e infine di stampa, principi fondamentali che frequentemente vengono dimenticati e disattesi.
Alcune domande hanno gioco forza trovato risposta, mentre altre vengono riproposte, con le relative considerazioni, cercando di dare chiarezza (anche se mi prendo il diritto di continuare a non capire) a quanto accaduto.
• Il Premio Tenco è una cosa e la Targa un’altra.
Spesso i due premi vengono confusi dalla gente comune, chi non è del mestiere ha difficoltà a comprendere le dinamiche che differenziano le due categorie. Sarebbe utile e opportuno valorizzare il sito e renderlo più chiaro, per consentire a tutti di conoscerne correttamente le caratteristiche, evitando così di potersi sentire deficienti.
• I Premi e le Targhe sono assegnati secondo procedure completamente diverse. I primi sono dati a insindacabile giudizio del Club Tenco attraverso la sua commissione interna; le seconde dietro trasparente votazione di 200 giornalisti.
Ad esempio, a Ligabue è stato assegnato il Premio Tenco 2011, in base al giudizio insindacabile della commissione, i giurati invece con il loro voto assegnano le targhe sull’intera produzione nazionale (la lista non esiste più a far tempo dal 2008), attraverso una valutazione espressa in due fasi ben distinte: la prima designa la cinquina di artisti pronti “a giocarsela”, la seconda i vincitori. Non è previsto alcun compenso per l’attività prestata.
Sul sito è visualizzabile il nome di ogni giornalista con relativo voto, ma non il curriculum di ogni giurato. La cosa non è di poco conto: chi sono queste persone? Per quali testate/radio/tv o altro lavorano? Quale il grado di preparazione? E soprattutto, quali sono i criteri di selezione per l’arruolamento? Ed infine perché fregiarsi di una giuria così pesantemente strutturata; non sarebbe più conveniente ed opportuno puntare “sull’agilità della qualità” e magari sfuggire l’imbarazzo di un numero ingiustificatamente alto di giurati? E a proposito di qualità, perché le grandi firme del giornalismo italiano non partecipano a tale manifestazione?
• Gli uffici stampa
Domanda: “Anziché le case discografiche (come erroneamente affermato nel mio primo post), non saranno forse gli uffici stampa “a far la voce grossa” al Tenco?” Ovvio che tale provocazione ha lo scopo di capire quanto possa essere veramente forte la pressione esercitata sulle determinazioni finali.
Tra un insulto ed una provocazione su Facebook, sembra di evincere che parte dei giurati non solo non ascolta tutto ciò che arriva, ma addirittura non ascolta nulla. E se questo corrispondesse ad una concreta sensazione, i giurati allora per cosa votano? Forse per gli autori maggiormente supportati dagli uffici stampa? Esiste per certi artisti una impegnativa esposizione all’origine: è lecito dunque chiedersi se sono costoro che raccolgono più voti? A margine di ciò, è ragionevole pensare che quest’anno venga premiata una band che ha sostenuto un personale investimento promozionale importante? Poniamo comunque, a fronte di quanto affermato, la possibilità che non sia esattamente così o per lo meno che esista un’alternativa, visto e considerato che esiste un vincitore ex equo (Zibba), anche se non così conosciuto come gli Afterhours.
In ultimo: esistono giurati che al contempo esercitano l’attività lavorativa in seno ad uffici stampa? A proposito di grandi firme, Marinella Venegoni sul finire del 2011 (e quindi non sto certo scoprendo l’acqua calda) faceva tra le altre cose, alcune considerazioni inerenti proprio gli uffici stampa. Facendo riferimento a quanto scrive, par di capire che gli stessi non possano votare ovviamente i propri assistiti ma la gestione della faccenda è perlomeno bizzarra: non rischia di sfociare – come dice Marinella – nelle parti “del conflittino d’interessino?”
• “Un giovane” per gareggiare ha tre possibilità: spedire il disco “ai 200” per posta, mandare file o qualsivoglia altro supporto (streaming) oppure affidarsi ad un ufficio stampa.
Questo significa che l’invio di una copia promozionale in busta affrancata costa tre euro, che per duecento assomma a 600 euro (lo streaming par di capire che a questi livelli sia inutile): ma è solo l’inizio. Non si può fare “tutto da soli” ed affidarsi ad un ufficio stampa diviene passaggio obbligato: il costo per essere supportarti adeguatamente oscilla tra i mille e i millecinquecento euro, cifra che per “un signor nessuno” è francamente eccessiva, pur rimanendo un investimento sulle proprie speranze.
• Infine… Cos’è il Club Tenco?
Leggo ancora i commenti di Facebook: “Ma perchè confondere un Club che si occupa di musica d’autore con l’educazione obbligatoria delle masse Ma perchè? Per quello si deve rivolgere a Pol Pot: […] “Un CLUB organizza un Premio ed una rassegna, piace? Bene, non piace? Chi ha voglia se la va a vedere in teatro. Le modalità sono quelle interne ad un club, le quali sono stilate dal club! Non dal Ministero dell’Istruzione! E conclude – Non piacciono? Non si partecipi!” […].
Innanzitutto ritengo che negli ultimi anni le scelte di assegnazione di premi nell’ambito della musica d’autore alla quale si fa riferimento siano cambiate e altamente discutibili. I numerosi tagli dei finanziamenti avranno certamente investito anche un festival come questo e quindi inciso nel budget generale, ma può essere questa una motivazione sufficiente per giustificare il deciso cambio di rotta nell’assegnazione dei premi? Artisti come Vasco Rossi e Ligabue hanno sostituito i guest stranieri e nulla hanno a che vedere con la canzone d’autore e molto invece “con la musica per le masse”. Ma anche a prescindere dall’opinione dalla sindacabilità o meno dei giudizi espressi, una rassegna che riceve sovvenzioni pubbliche ha sempre e comunque l’obbligo di dare informazioni chiare ed inequivocabili (e qui ci ricolleghiamo al primo punto) al pubblico ed agli artisti che vogliono parteciparvi.
Tutto chiaro?
Dopo aver appreso sempre “nel cortile di facebook” che Il Tenco “È sì una lobby ma non esiste dietro nessuno scandalo“, mi chiudo la porta alle spalle non prima di porre le mie scuse ai gruppi citati “nel post della discordia”, sottolineando che non vi è stata e non vi è intenzione alcuna di screditare: si è cercato con questo esempio di far capire quanto la mancanza di chiarezza, legata a certe dinamiche del Tenco, possa escludere a priori l’interesse della gente comune e soprattutto degli artisti alla manifestazione.
Concludo ricordando le due figure che hanno ispirato le mie parole: Amilcare Rambaldi e Luigi Tenco. Il primo, nel 1974 ancora esportatore di fiori di Sanremo, decise di dare la possibilità a quei cantautori che nessuno voleva – da lui considerati tutti giovani dotati di talento – di salire su un palco, nomi divenuti successivamente pilastri della canzone italiana. Sul quel palco di via Matteotti 107 a Sanremo hanno suonato Angelo Branduardi, Sergio Endrigo, Gino Paoli, Claudio Rocchi, Paolo Conte, Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Tito Schipa jr, Roberto Vecchioni, Antonello Venditti e numerosi altri. Rambaldi conosceva bene i brani e le storie che cantavano, perché ogni singolo disco veniva da lui ascoltato, nell’ufficio polveroso di via Meridiana.
Che dire invece di Luigi Tenco? Riprenderò quanto scritto un anno fa, riportando fedelmente le ultime parole del cantautore, lasciate su un foglio di carta prima di togliersi la vita: “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io Tu e le Rose in finale e ad una commissione che seleziona La Rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno”.
Ognuno tragga liberamente le proprie conclusioni.
9 canzoni 9 … per chi vuole ascoltare
LATO A
Ragazzo Mio • Luigi Tenco
Roba di Amilcare • Paolo Conte
Chissà se lo sai • Lucio Dalla
E di nuovo cambio casa • Ivano Fossati
LATO B
Cofani e Portiere • Carlo Fava
Lontano dagli occhi • Sergio Endrigo
L’Odore Giorgio Gaber
Volo magico n.1 • Claudio Rocchi
Quattro Cani • Francesco De Gregori