Presentato l'album del duo Bagnoli/Reggiani che sabato 27 ottobre si esibiranno in un live visivo e musicale alla due giorni di Archivio Aperto con le immagini della Bologna di quegli anni
«Era una Bologna diversa, la gente aveva un’idea di futuro. Di più futuri.. ». Così ci presenta il nuovo disco degli Stratten , Nicola Bagnoli che, assieme alla cantante Alessandra Reggiani, ha composto le musiche di “Bologna ’67 ’77″ – poesie da cantare e da imparare – (New Model Label). Il duo, allargato a Vincenzo Bagnoli, sarà anche protagonista, sabato 27 ottobre alle ore 22 all’Istituto Storico Parri di via sant’Isaia a Bologna, di Cine Live Bologna 67/77, appuntamento inserito nella due giorni di Archivio Aperto dell’associazione Home Movies. Un live di immagini (8mm, Super8 e 16mm dell’Archivio Nazionale del Film di Famiglia), musica e testi.
Il disco sembra la storia di uno di noi, un quarantenne bolognese qualsiasi; è così?
«Esatto. Una biografia, il racconto di un ragazzo cresciuto a Bologna in quegli anni caldi, difficili e allo stesso tempo irripetibili».
Ma per fortuna, aggiungiamo noi, non siamo al cospetto dell’implacabile operazione nostalgia che cronicamente affligge le produzione artistica di chi è stato presente mentre accadeva qualcosa, qua se nostalgia c’è è del futuro, non del passato.
La voglia è quella di ritrovare Bologna, non di ricordarla. Una città non della musica, ma per la musica…
«Io ho vissuto la Bologna che faceva suonare davvero, quella città in cui, grazie alle risorse e ai luoghi che si mettevano a disposizione, quasi quattrocento gruppi potevano comporre, provare, esibirsi (magari anche saltuariamente) e insomma far sentire il suono della propria voce. Esistere suonando.. ».
E adesso che Bologna vedi?
«Vedo quella dei comitati civici di dieci persone che impediscono ogni cosa. Di cittadini che delegano pigramente, insoddisfatti e distanti da ciò che, riguardandoli, dovrebbero andare a prendersi».
Gli Stratten dal canto loro si riprendono ciò cui tengono, una musica più pensata
«Sentiamo l’esigenza di un ritorno a fare musica più pensata, come quando nel ’67 appunto si passò dal beat al progressive rock, queste – prosegue Bagnoli – sono poesie messe in musica».
Un percorso musicale che esplora rock, blues, progressive e jazz, strumenti elettrici ed acustici, e si sostanzia senza esaurirsi nel matrimonio fra poesia e musica (autore delle liriche è infatti Vincenzo Bagnoli, poeta autore di diversi libri e tra i fondatori della rivista di poesia Versodove).
Per intenderci, dalla traccia Deep sky: «Tra i programmi della tv ce n’era uno particolare, diverso da tutti gli altri. Fantascientifico, psichedelico, avventuroso, introspettivo: The Prisoner. Tutti gli episodi cominciavano con il dialogo tra i due protagonisti, il numero 2 e il numero 6 che concludeva invocando la propria libertà “Non sono un numero”».