Potrebbero avere i mesi contati le cave di pietre verdi, rocce ofiolitiche spesso contenenti grosse quantità di amianto. Pochi giorni fa, infatti l’assemblea legislativa dell’Emilia Romagna ha dato il via libera a una risoluzione, che impegna la giunta alla graduale chiusura degli scavi e alla riconversione dei siti produttivi distribuiti nel territorio regionale, in particolare nel parmense. Una prima vittoria per i comitati cittadini locali, che da anni si battono per l’interruzione delle attività estrattive. E un punto di svolta per la Regione, se si considera che a marzo una proposta molto simile, portata in aula da Sel e Idv insieme al Movimento 5 stelle, era caduta nel vuoto grazie ai voti contrari del Pd.
Promosso da Sel e sottoscritto da una decina di consiglieri della maggioranza, il documento approvato nei giorni scorsi è diviso in tre punti e non tocca solo le cave di pietre ofiolitiche. Il primo sollecita la giunta “a introdurre al più presto nuove norme allo scopo di giungere ad una graduale chiusura delle cave di rocce ofiolitiche e alla riconversione di questo settore produttivo”. In altre parole, entro l’anno si dovrebbe arrivare a nuova legge regionale che riscriva le regole delle attività estrattive. La risoluzione prevede poi l’introduzione di “una nuova forma di mappatura della presenza di amianto negli edifici, soprattutto in quelli privati” e l’intervento “per la bonifica immediata delle superfici in cemento-amianto friabile sfaldato dalle nevicate dello scorso inverno”. Infine, ultimo punto, viene chiesto alla giunta di fare pressione sul Governo, per ottenere la conferma degli incentivi ministeriali dedicati a chi sceglie di sostituire coperture in amianto con impianti fotovoltaici.
Soddisfatti gli esponenti dei comitato “Cave all’amianto? No grazie”, anche se prima di festeggiare aspettano di vedere se le promesse saranno mantenute. Perché, scrivono, “di risoluzioni disattese è lastricato l’inferno”. Cauto anche anche il consigliere del Movimento 5 stelle, Andrea Defranceschi, che solo 5 mesi fa si era visto bocciare quattro diverse risoluzioni sull’amianto. “Sicuramente si tratta di un primo passo positivo – ha commentato il consigliere a 5 stelle – ma l’impegno è molto vago e a lungo termine. Non si sa davvero quando si arriverà allo stop definitivo delle attività estrattive”.
Ad oggi, in Emilia Romagna, le cosiddette cave verdi si trovano soprattutto in provincia di Parma. In base a un censimento del 2004, sono in tutto 10, di cui 8 attive. Qui le normali attività di escavazione e movimentazione di materiale rischiano ogni giorno di liberare nell’aria moltissime particelle killer. Note anche come pietre verdi, infatti, le ofiolitiche sono rocce magmatiche e metamorfiche che possono contenere grosse quantità di amianto. Per questo quando vengono lavorate rappresentano un potenziale pericolo per la salute e l’ambiente.
Secondo uno studio dell’Arpa, l’Agenzia per l’ambiente regionale, la quantità di fibre di amianto rilasciate nell’aria durante l’attività estrattiva si aggira nell’ordine delle “decine, a volte centinaia di milligrammi per chilogrammo”. Solo nel 2004, nella provincia di Parma, sarebbero stati liberati 277 mila chili di fibre di amianto, a causa dei lavori nelle cave ofiolitiche delle valli del Taro e del Ceno. Numeri da anni nel mirino dei comitati che si battono per la chiusura degli scavi: “Volano via e a quali distanze? Si depositano nel piazzale della cava o sui mezzi d’opera? Hanno contaminato le acque? E soprattutto, quali effetti hanno o avranno sulla salute persone che vivono o lavorano vicino e dentro alle cave? Nei pressi delle cave, infatti, ci sono abitazioni, campi coltivati, stalle e caseifici, alveari per la produzione del miele”.