Occorrono disciplina, rigore, metodo. E’ un percorso irto di accidenti, prove da superare, sciarade da interpretare. Partecipare alle “Primarie della Coalizione di centro sinistra Italia Bene Comune” (e già il nome denota conclamata snellezza), non sarà consentito a tutti.
Soltanto i migliori ce la faranno. Secondo i disfattisti, l’apparente farraginosità delle regole vergate dal Politburo servirebbe per disincentivare i renziani. Al contrario, il percorso è una stimolante gara a tappe. Una sorta di Tour de Bersanì.
La preparazione. L’Aspirante Primariante apprende di dover “sottoscrivere il pubblico appello di sostegno alla coalizione” e iscriversi all’”Albo degli elettori”. Ovvero rendere manifesto il suo credo, che a un bersaniano va bene ma a molti renziani (poiché di destra) no. Il Primariante si connette al sito delle primarie, dove è possibile reggere il sobrio regolamento (16 articoli, 93 commi) ma attraverso il quale non ci si può iscrivere alle primarie. Giustamente: la registrazione on line, per il Pd, è troppo modernista. Anche se, alla fine, pare si siano accordati su una sorta di pre-registrazione. Quindi? Boh.
La Carta d’intenti. Il Primariante è condotto alla sacra Carta d’intenti. Essa va sottoscritta e possibilmente imparata a memoria, ripetendola prima e dopo i pasti (ma volendo anche durante, con vivo e vibrante sprezzo del pericolo). La Carta, destinata a lasciare sulla Storia tracce paragonabili a quelle dei film di Little Tony sulla cinematografia mondiale, è divisa in più sottoparti: “Europa” (che ci guarda), “Sapere” (très chic). “Il nostro posto è in Europa” (pensavamo in Uganda). “Nessuno si salva da solo” (come disse Alberoni). “In un mondo in subbuglio” (e, oseremmo aggiungere, “popolato da goffi birbanti che fanno marameo”).
Basta un poco di Moniti e le Primarie van giù. Legittimamente provato per la lettura della Carta, il Primariante cerca conforto nella visione di una replica de L’infedele (soprattutto quando Lerner canta Contessa accompagnato allo zufolo da Vecchioni) o recitando come un salmo gli ultimi 712 moniti di Napolitano. Il cammino può così riprendere.
Appello. La sottoscrizione dell’Appello è un momento fondante per l’esistenza del Primariante. Qualcosa da raccontare ai nipotini, insieme alla Cresima e al voto Pd sullo scudo fiscale. “Ci riconosciamo nella Costituzione repubblicana, in un progetto di società di pace, di libertà, di eguaglianza, di laicità, di giustizia, di progresso e di solidarietà”. E questo è bello. “Vogliamo sconfiggere ogni forma di populismo”. E questa è una rosicata anti-grillina.
Registrarsi (o quantomeno provarci). Esaurita la fase mistico-estatica, il Primariante deve registrarsi. Dal 4 al 25 novembre. Dove? “In prossimità del seggio”. Non al seggio (banale): “in prossimità”. Il percorso diviene avvincente caccia al tesoro. Il Primariante tenterà di iscriversi dal panettiere, dal macellaio. E ogni volta che sbaglierà, si sentirà temprato nello spirito (e nel fisico, se nel frattempo il macellaio lo avrà corcato).
Votare (ma anche no). Il Primariante ce l’ha fatta: ha votato il 25 novembre. Per farlo, ha dovuto trovarsi nel luogo di residenza (chi è in vacanza non denota sufficiente passione per la contesa) e avere 18 anni (anche se lo Statuto del Pd autorizzerebbe pure i 16enni, che però nel frattempo sono diventati renziani e quindi sgraditi).
La contrizione dei ritardatari. Chi non ha partecipato al primo turno, può iscriversi il 26 o 27 novembre. Non basta, però: il Primariante Ritardatario deve portare la giustificazione. Come a scuola (“Coloro che dichiarino di essersi trovati, per cause indipendenti dalla loro volontà, nell’impossibilità di registrarsi”). Svariato il novero di giustificazioni. “Franceschini mi tirava gli aeroplanini di carta dall’ultimo banco”; “La Serracchiani mi ha rubato i sandali fucsia”; “Livia Turco ci ha provato durante l’ora di religione”; “Volevo venire il 25 novembre, poi però all’ultimo momento ho preferito andare a cena con Penati”.
Rehab. Il Primariante ha votato. Poi però, con gli anni, subisce una mutazione. Magari ha un rigurgito populista (Satana non fa sconti). E non si sente più di centrosinistra. Un bel guaio, perché nel frattempo si ritrova iscritto nell’Albo degli elettori; ha sottoscritto un Appello; ha messo in camera il poster di Orfini nudo. Come uscirne? Urge una disintossicazione. Un graduale reinserimento nella società. Una Pd-Rehab. In bocca al lupo.
Il Fatto Quotidiano, 28 Ottobre 2012