Dopo la Sicilia, il banco di prova definitivo delle politiche sarà la Lombardia. Qui, infatti, il vecchio sistema partitico non è affatto saltato ma anzi si sta confermando con l’alleanza Pdl-Lega contrapposta al fronte del centrosinistra sperimentato alle amministrative del 2011 in sostegno di Giuliano Pisapia. Pd, Sel, Idv tenteranno di ripetere l’esperimento sostenendo un candidato della cosiddetta società civile privo di un riferimento partitico diretto. La personalità ideale rimane Umberto Ambrosoli, ma l’avvocato ha ringraziato e rifiutato la candidatura.
Al momento dunque ci sono solo autocandidature, come quella di Bruno Tabacci che però non è affatto condivisa, o quella di Pippo Civati, l’ex rottamatore che divide persino il suo partito di riferimento, il Pd. Il centrosinistra appare dunque (per l’ennesima volta) in alto mare. Con l’ulteriore difficoltà dovuta ai tempi: se, come ormai è certo, si voterà entro fine gennaio, Pd e amici hanno tempo un mese per individuare i candidati e fare le primarie. Sempre che la corrente che si riconosce in Matteo Renzi non decida di partecipare alla scelta del candidato anche in Lombardia. L’unico dato certo, al momento, è la volontà, come detto, di ripetere il progetto politico che ha portato Pisapia a vincere in Comune.
Il primo cittadino si è messo apparentemente in modo spontaneo alla testa di quello che appare il movimento antiformigoni. “La Lombardia ha l’assoluta necessità di una svolta e ci sarà il mio impegno, compatibilmente con la mia priorità che è la dedizione al governo di Milano”, ha scritto oggi Pisapia sul suo profilo facebook. Dettando la linea e delineando il progetto: “L’obiettivo dell’intera coalizione di centrosinistra deve essere quello di creare le migliori condizioni per vincere le elezioni regionali. Sono convinto che, per raggiungere tale obiettivo, sia necessario costruire una coalizione che comprenda le forze politiche e le tante realtà positive presenti nella società, dall’associazionismo, alla società civile, oltre a quella cittadinanza attiva che già è stata protagonista del cambiamento non solo a Milano ma in moltissimi altri Comuni in Lombardia. Proprio per questo è fondamentale lavorare per l’unità delle forze che vogliono il cambiamento senza alimentare divisioni”. Che è un po’ come dire ai bambini di non litigare tra loro.
Non che sull’altro fronte la situazione sia più rosea, anzi. Roberto Formigoni, per dirla con le parole dei leader del Pdl, “è una scheggia impazzita e imprevedibile”. Dopo l’intervento di Silvio Berlusconi sabato scorso è ancora più evidente la necessità di Arcore a rinnovare il patto di ferro con la Lega Nord. Ma il governatore lombardo invece non vuole assolutamente cedere la Regione a un uomo del Carroccio, neanche a Roberto Maroni. Formigoni battibecca su twitter e in ogni dove contro il movimento padano. Eppure prima Angelino Alfano (prossimo alle dimissioni dalla segreteria del partito) poi Berlusconi in persona, hanno garantito all’ex titolare del Viminale che l’alleanza in vista delle politiche ci sarà perché è necessaria e la fetta della torta che spetta al Carroccio è (sulla carta) proprio la Regione Lombardia. Come? Attraverso le primarie di coalizione alle quali il Pdl candida contro Maroni un esponente di facciata. Maria Stella Gelmini o Maurizio Lupi: sergenti sacrificabili al banchetto delle alleanze. In cambio il Carroccio sosterrà il Pdl al Nord per le politiche.
Gabriele Albertini, che lo stesso Formigoni spinge come candidato governatore del partito, non si candiderebbe mai alle primarie per la Lombardia. Ma è sempre più evidente che il centrodestra debba necessariamente mettere il bavaglio al Celeste e trovargli una collocazione che lo spinga a condividere le decisioni di Arcore. Il Governatore è stuzzicato dall’idea di candidarsi addirittura alle primarie per la premiership del Pdl, quindi non è facile accontentarlo. E vuole portare i lombardi al voto il 16 dicembre al primo turno, il 23 l’eventuale ballottaggio. Al più tardi le urne si apriranno a gennaio. Che il Natale sarà rovinato dalla campagna elettorale è ormai dunque una certezza. E che a sfidarsi saranno i vecchi schieramenti è altrettanto certo. Il Movimento 5 Stelle, che in Sicilia ha trovato terreno più che fertile, in Lombardia attecchirà più difficilmente. Perché i partiti tradizionali qui non si sono autorottamati. Tentano di resistere. Per adesso, almeno. Ma dopo il risultato siciliano lo spettro di Beppe Grillo si aggira per il Pirellone.