Oggi lo spread è salito del sei per cento, arrivando a 356 punti. Colpa di Silvio Berlusconi, della Sicilia, di Beppe Grillo? Sì e no. Lo scetticismo dei mercati riguardo all’Italia è strutturale e dura da mesi: nessuno capisce che può succedere dopo la parentesi tecnica del governo Monti.
Le mosse di Berlusconi di questi giorni, prima l’annuncio dell’addio, poi la condanna e ora, forse, il commissariamento del Pdl esautorando Angelino Alfano sono dettagli che non turbano il quadro generale. Berlusconi non tornerà a palazzo Chigi, questo lo sanno tutti, anche i nostri temibili “bond vigilantes”, gli investitori che ci devono prestare le risorse necessarie a rifinanziare il debito. Ieri il Tesoro ha venduto 8 miliardi di Bot a sei mesi con una domanda alta e tassi in calo dall’1,347 al 1,503 per cento. Segno che non c’è il panico attorno all’Italia a causa degli eventi di questi giorni.
Da Madrid Mario Monti ostenta serenità: “Le minacce di ritirare la fiducia a questo governo non possono essere fatte perché non le vivremmo come una minaccia”. Come sono arrivati, i tecnici se ne possono andare.
L’agenda del governo dimostra che la tranquillità di Monti ha ragioni concrete: con le elezioni che si avvicinano i tecnici non hanno più la legittimità (e forse la maggioranza trasversale in Parlamento) per approvare riforme di ampio respiro, come quelle delle pensioni o del lavoro. Si possono limitare a portare in fondo quanto iniziato, dalla legge di stabilità ai discutibili interventi su corruzione e diffamazione. Niente di più.
Il secondo punto del programma di Monti, dopo salvare l’Italia, era salvare la politica. Ricomporre la frattura tra partiti e cittadini. Su questo ha fallito. E sta fallendo anche il capo dello Stato Giorgio Napolitano che ha cercato con ogni mezzo a sua disposizione – e prendendosi qualche libertà – di influenzare il sistema dei partiti, propugnando una grande coalizione e una riforma elettorale che non si farà. Il sistema – cioè la Casta – si è rivelato non riformabile, senza speranza. Come dimostra anche l’esito del voto in Siclia. Monti e Napolitano non hanno fatto rinascere i partiti, traghettandoli fuori dal berlusconismo. Possono soltanto osservarne il completo disfacimento.
Quindi poco cambia che il governo Monti duri fino a febbraio o fino ad aprile. Il centrodestra non esiste più, il Pd vince per mancanza di alternative ma non certo perché ha convinto (la scelta di fare campagna elettorale contro un governo che sostiene basterebbe a screditarlo). E comunque vada le prossime saranno le elezioni di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle.
Gli investitori internazionali lo hanno capito e, sospirando, osservano con un misto di curiosità e rassegnazione agli sviluppi della politica italiana. Non è più tempo di speculazioni disinvolte, perché ora la Bce è pronta a intervenire. Si può giusto dare un colpetto di spread, sperando di richiamare tutti ad avere un po’ di buon senso.
E’ chiaro che se dopo il voto l’incertezza rimanesse al livello attuale – con un Parlamento senza maggioranza o dominato da grillini incontrollati ed euroscettici – allora i nostri creditori potrebbero spaventarsi davvero e la fuga dal debito italiano potrebbe ricominciare.