“Arriva il primo licenziamento senza motivazioni nel pubblico impiego”. A comunicarlo sono i sindacalisti della Funzione Pubblica Cgil e Cisl della provincia di Varese, in riferimento ad un fatto accaduto nel comune di Carnago, che ha recentemente deliberato un esubero “pur avendo una dotazione organica carente di 13 unità di personale”.
Crolla così, anche nella pratica, l’assioma dell’eternità dell’impiego pubblico. A farne le spese è Vincenzo Cirrincione, geometra comunale ed ex responsabile dell’ufficio tecnico, che è stato collocato in disponibilità dalla giunta di centrosinistra, sulla scorta di quanto previsto dall’articolo 16, quinto comma, della legge di stabilità (la 183 del 2011) varata dal governo Monti.
La decisione della giunta comunale è scritta nero su bianco in una delibera del 28 luglio scorso, operativa dal 1 ottobre. Durissima la presa di posizione dei sindacati, che hanno annunciato battaglia contro l’affermazione di un principio malato: “Qui si sta applicando il modello Marchionne alla pubblica amministrazione – ha detto Gianna Moretto (Fp Cgil) – è un principio malato che non segue nessuna regola, di questo passo inizieremo a far fuori i dipendenti in base alla simpatie e alle antipatie della giunta, senza addurre nessuna motivazione”.
A conferma della portata eccezionale del provvedimento della giunta carnaghese, le organizzazioni sindacali spiegano che si tratta del primo caso di licenziamento senza motivazione nel pubblico impiego: “L’articolo 16 della 183/11 è già stato applicato in qualche altro caso, ma sempre con tutte le garanzie di trasparenza e con le debite motivazioni. A Carnago sono state violate tutte le norme relative alla deliberazione di esubero di personale, che non solo sono a tutela di tutti i lavoratori ma sono strumento essenziale per fare una scelta organizzativa oggettiva in materia di organizzazione del lavoro”. Secondo Gianna Moretto (Fp Cgil) e Mauro Catella (Fp Cisl) l’amministrazione comunale non avrebbe aperto i tavoli di confronto previsti dalla normativa vigente e non avrebbe nemmeno fornito gli elementi per giustificare l’esubero di personale: “Contestiamo questa scelta che non è organizzativa (non abbiamo gli elementi per definirla tale) ma che risponde ad altre logiche su cui possiamo solo fare delle ipotesi”.
Nello specifico, oltre alla mancanza di motivazioni, alla mancanza di trasparenza nella procedura, la storia lavorativa del geometra licenziato dal Comune parla di un pesante sottoutilizzo del dipendente da oltre un anno, a fronte di una parziale esternalizzazione del carico di lavoro dell’ufficio e della revoca della responsabilità del servizio a pochi giorni dall’insediamento del nuovo sindaco: “Di fronte a questo quadro – aggiungono i sindacati -vogliamo sapere quali sono le logiche che hanno guidato l’operato della giunta”.
Logiche che secondo le voci di corridoio sarebbero da ricercare nel rendimento o nella condotta del dipendente: “Potrebbe anche essere, ma non c’è nulla di circostanziato, non abbiamo una lettera di richiamo, nessuna segnalazione di scorrettezza, nessuna denuncia, nessun provvedimento disciplinare. Niente – spiega ancora Gianna Moretto – Ma la cosa più importante, al di là del caso, è il principio. Non si può cacciare una persona semplicemente perché non la vogliamo tra i piedi. Anche se la persona fosse la più antipatica sulla faccia della terra: o ci sono i documenti che dimostrano un atteggiamento scorretto, o si prova l’inutilità della sua figura in pianta organica, in nessun caso possiamo permettere che si agisca in assenza di regole e parametri certi”.
Il sindaco del paese, Maurizio Andreoli Andreoni (Pd), difende l’operato della sua amministrazione: “Il dipendente in questione non è stato licenziato, ma collocato in disponibilità con l’80% dello stipendio per due anni. Abbiamo risposto ad un preciso obbligo di legge, quello della revisione della ricognizione annuale del personale. La legge di stabilità obbliga infatti le amministrazioni a verificare eventuali esuberi, dando la possibilità di mettere i dipendenti in mobilità per 24 mesi. Effettivamente se nel frattempo non trovassero una collocazione nella pubblica amministrazione il rapporto di lavoro andrebbe a decadere, ma non si può parlare di licenziamento”. Insomma, l’amministrazione comunale, una volta verificato che nel proprio ufficio tecnico (dove il dipendente in questione lavorava assieme ad altre 3 persone, tutte inquadrate al livello D), non ci fosse bisogno di tutta quella forza lavoro, ha stabilito che quella persona fosse superflua, valutando di non poterla impiegare diversamente, ha scelto di rinunciare unilateralmente al rapporto di lavoro.
Il sindaco democratico ha poi rifiutato con fermezza l’ipotesi che dietro la procedura si nascondano motivazioni diverse da quelle indicate nella delibera di giunta: “Abbiamo seguito la prassi di legge in modo corretto, se qualcuno la pensa diversamente ha tutto il diritto di ricorrere al Tar o al tribunale civile, ma io sono serenissimo”. E così sarà. Il lavoratore ha già avviato una vertenza, chiedendo il reintegro e un maxi risarcimento da 265mila euro.