Le casse dello Stato hanno liquidità solo fino al 14 novembre. Samaras annuncia l’accordo von la Troika per i tagli da 13 miliardi a cui si oppone il partito di sinistra Dimar, contrario al licenziamento dei dipendenti pubblici. Ma da questo dipendono i fondi di Bruxelles
Troika-Atene, il premier Antonis Samaras annuncia l’accordo per i tagli da 13 miliardi che sbloccheranno l’ennesima tranche di prestiti da 31 miliardi utili alle casse dello stato che hanno liquidità solo fino al 14 novembre. E anche se persistesse il “no” parlamentare al piano dal partito del Dimar, la sinistra democratica guidato da Fotis Kouvellis, il quorum del 151 voti potrebbe ugualmente essere raggiunto dai conservatori di Nea Dimokratia e dai socialisti del Pasok, anche se un attimo dopo si aprirebbe una minicrisi nella maggioranza. Ma il leader dei socialisti Venizelos ha giudicato l’annuncio sul raggiunto accordo “un atto sconsiderato”, perché le trattative con la troika continueranno sino al 12 novembre, giorno dell’Eurogruppo”. Si tratta di una giornata molto concitata ad Atene, nell’attesa che il giornalista Kostas Vaxevanis venga processato per aver diffuso i nomi della Lista Lagarde e col fiato sospeso per un default che nei fatti c’è già. Senza dimenticare il risvolto sociale della crisi economica, oggi responsabile del suicidio numero 2001. Nella regione della Fthiotida, L.R., un commerciante 42enne di Lamia sommerso dai debiti con le banche, si è impiccato con le corde usate per stendere il bucato sulla terrazza al quarto piano del palazzo dove abitava.
In una nota ufficiale il premier conservatore dice: “C’è l’accordo per la negoziazione delle misure di bilancio e abbiamo fatto tutto il possibile per ottenere miglioramenti significativi, anche all’ultimo minuto. Dal momento che l’accordo sarà stato approvato e il bilancio votato, la Grecia resterà nell’euro. Ed emergerà dalla crisi”. Spiega inoltre che quei denari che dovrebbero arrivare a breve dovranno avere “un effetto significativo sull’economia reale”. Per cui il problema d’ora in poi non è “nella misura di questo o di quello ma è l’opposto: che cosa potrebbe accadere se non ci fosse l’accordo e il Paese finisse nel caos”. E definisce quell’ipotesi come la nota più dolorosa che potrebbe accadere all’intero popolo greco, “economicamente e peggio ancora politicamente”. Continua con una sorta di invito ai partner politici: “Questi rischi devono essere evitati. È giunta l’ora della responsabilità da parte di tutte le parti politiche”.
Aprire alla possibilità di adattamento del memorandum alla recessione greca è l’opzione che poche ore prima aveva lasciato trapelare la cancelliera Angela Merkel: “Se la crescita economica è più piccola delle previsioni nonostante il fatto che le riforme siano attuate, allora dovremmo essere in grado di rispondere alle nuove condizioni”. Allo stesso tempo ha chiarito che i partner europei hanno il diritto di chiedere la piena attuazione del concordato, ma se si applicheranno le 89 misure di riforma imposte alla parte greca. A proposito del futuro e delle prospettive continentali ha aggiunto che serve una maggiore integrazione politica e la concessione di maggiori poteri da parte degli Stati membri a Bruxelles. Non può mancare il consueto ritornello delle cancellerie europee. “È nostra convinzione condivisa che la Grecia deve restare nella zona euro, che dovrebbe attuare le riforme necessarie per garantire l’integrità dell’euro attraverso questi sforzi”, ha detto, parlando con i giornalisti, il ministro delle Finanze francese Pierre Moscovici. Un attimo dopo il suo omologo tedesco Schaeuble aggiunge: “Continuiamo a augurare una risposta nel mese di novembre per porre fine all’incertezza e faremo di tutto, insieme, per raggiungere una soluzione”.
Ma tornando alle modalità di voto delle misure della troika il leader del Pasok Venizelos, al termine di un vertice fiume nella sede dei socialisti ellenici, rileva che il pacchetto di misure deve essere votato per “far cambiare il clima nel paese e considerato nel suo insieme”. Il riferimento è alla questione delle privatizzazioni e del lavoro. Sferrando una feroce critica a quei funzionari che “minano” l’impegno di ricostruzione del partito, ha raccomandato l’adozione del pacchetto, facendo notare che la prospettiva del Pasok è una sola: “Al fine di completare la strategia che abbiamo sviluppato serve votare sì, per iniziare a vederne i frutti. Il pacchetto sarà giudicato nel suo complesso (quindi con un solo maxiarticolo di legge) e deve essere adottato e attuato per cambiare il clima”. Sottolineando che riserve e obiezioni per le singole misure sono concentrate proprio nel pacchetto finale che è figlio di un compromesso e della negoziazione.
L’obiettivo ora è la “promulgazione della legge di esecuzione in Parlamento, al termine della riunione dell’Eurogruppo”, (che si concluderà la mattina del 13 novembre). Ma lo scoglio si chiama Dimar, che dichiara pubblicamente la propria contrarietà alla parte del piano che concerne i licenziamenti dei dipendenti pubblici, cinquemila a trimestre per un totale di 45mila entro il 2015. L’esecutivo del Dimar in una nota ufficiale ritiene che sia un errore “spingerci così avanti in nome della salvezza del paese”. E chiede “miglioramenti concreti per i lavoratori per la definizione del salario minimo, dal riconoscimento di tre anni per i nuovi entranti sul mercato del lavoro, tenendo conto dei benefici del matrimonio”. La chiusura del Dimar in sede parlamentare potrebbe però non avere riflessi sul memorandum, a cui sarebbero sufficienti i voti di Nea Dimokratia e Pasok per essere approvato. Anche se un minuto dopo proprio in seno all’anomala maggioranza si aprirebbe una seria crisi politica. Ma al momento la data da cerchiare di rosso sul calendario è un’altra: Eurogruppo straordinario sulla Grecia l’8 novembre, mentre le decisioni finali saranno prese il 12 novembre nella riunione “regolare”. Tutto il resto viene dopo.
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