Facebook, Twitter e Youtube sono in qualche modo complici del terrorismo informatico nel mondo. In sostanza è questa la tesi posta sul tavolo dalle Nazioni Unite e riportata nel documento intitolato “L’uso di internet per fini terroristici”. 144 pagine realizzate grazie ad un finanziamento del governo inglese dalla sezione “Droga e Crimini” dell’Onu (Unodc) che cercano di mettere in allarme gli Stati membri sulla necessità di un livello di sicurezza informatica nettamente superiore a quello utilizzato fino ad oggi. Ma non solo: proprio i social network, secondo il rapporto, sarebbero una vera e propria fucina di nuove celle terroristiche.

Potenziali terroristi – ha commentato Yury Fedotov, direttore esecutivo dell’Unodc – utilizzano tecnologie avanzate di comunicazione, che spesso coinvolgono internet, per poter raggiungere un pubblico mondiale con un certo livello di anonimato e a basso costo. Così come l’uso della rete è aumentato negli ultimi anni nei normali cittadini, allo stesso modo anche le organizzazioni terroristiche fanno largo uso di questa rete globale, indispensabile per scopi decisamente differenti”. Il rapporto evidenzia come i gruppi terroristici negli ultimi anni abbiano fatto un uso sistemico di internet per reclutare nuovi seguaci, trovare finanziamenti, portare avanti azioni di propaganda e sensibilizzazione ma soprattutto per raccogliere e diffondere informazioni. Un sistema che, ovviamente, non ha più alcun confine nazionale e aumenta così il suo impatto sulle potenziali vittime. Una situazione che, come sottolinea il rapporto rilasciato a Vienna, necessita di una collaborazione maggiore tra le varie nazioni, tra gli organi di polizia e tra le normative in materia, a volte in contraddizione tra loro.

Nel documento, i social network tornano prepotentemente ancora una volta sotto la luce dei riflettori dei governi e degli organi di polizia. Sono già state numerose le proposte in merito, scenari da Grande Fratello orwelliano si sono più volte affacciati per controllare la rete e l’utilizzo di piattaforme social ma ogni volta hanno trovato le proteste degli utenti, preoccupati più che del terrorismo, di una violazione dei loro diritti. Ultimo caso di questo tipo è la “scoperta” da parte dell’European digital rights group di una proposta che a tutti gli effetti avrebbe dovuto rimanere segreta, in cui si istituiva una sorta di pattuglia per la rete. Una mossa già nell’aria da tempo ma a cui nessuno finora aveva mai dato conferma: poliziotti infiltrati all’interno dei social network per controllare e segnalare eventuali atteggiamenti sospetti.

Pronta la risposta di Facebook che attraverso un suo portavoce ha commentato sul sito AllThingsD che “questo è un problema per ogni piattaforma di comunicazione nell’era digitale, dalle reti cellulari e sociali ai motori di ricerca, fino ai servizi di video-sharing. Le nostre politiche vietano in modo molto chiaro il sostegno o la rappresentazione del terrorismo, di gruppi terroristici o singoli individui e tutte le possibili azioni di terrorismo. Non c’è posto su Facebook per le persone che incitano alla violenza e dedichiamo risorse considerevoli per evitare anche i rari casi in cui queste persone cercano di sfruttare il nostro servizio”. Dello stesso avviso anche Google che, così come Facebook, ha implementato su Youtube un sistema di autoregolamentazione che permette agli utenti di segnalare contenuti non appropriati ed eventuali atteggiamenti scorretti.

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