La Procura di Bologna ha aperto un fascicolo sull’ipotesi di abuso d’ufficio contro ignoti per una presunta Parentopoli al dipartimento di Sociologia dell’Università di Bologna. L’atto dovuto della Procura della Repubblica di Bologna arriva dopo un esposto presentato da Mara Massai e Silvio Soffritti, due ex ricercatori dell’Università di Bologna che hanno parlato di “radicati rapporti clientelari”. A rilanciarlo a livello politico è stato anche il deputato del Pdl Fabio Garagnani, che in un’interpellanza denuncia “i molteplici rapporti di parentela” del dipartimento di sociologia, che può contare su “tre coniugi e tre figli di docenti” nello stesso dipartimento. Queste le prime righe dell’esposto: “Sin dal 1992 le carriere universitarie del Dipartimento di Sociologia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna apparivano viziate da favoritismi e rapporti di parentela”. Dito puntano quindi contro gli ultimi 20 anni di lavoro del dipartimento che secondo i due avrebbe selezionato i propri ricercatori “in assenza di trasparenza, mancanza di regole stabili sui tempi e le modalità di esposizione dei risultati parziali e totali, e con difformità dei criteri di valutazione”.
Accuse pesanti insomma sulle quali l’Università, per il momento, non si esprime e aspetta di visionare le carte dell’esposto. Da quasi due anni, fa sapere l’Ufficio stampa dell’Università, all’Alma Mater è in vigore la riforma Gelmini. Compreso quindi la norma che non consente “la partecipazione alle procedure per la chiamata a coloro che abbiano un grado di parentela o di affinità, sino al 4° grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o struttura che effettua la chiamata ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente il consiglio di amministrazione dell’ateneo”. Una norma che metterebbe l’università al riparo da qualsiasi accusa di “parentopoli” e che smonterebbe l’esposto.
Nelle 22 pagine del documento si descrivono con dovizia di particolari casi specifici che riguardano sopratutto gli ultimi cicli di dottorato, compreso l’ultimissimo 2011-2012. Figli, mogli, padri e fidanzate, figuranti in concorsi già decisi e pressioni verso chi non sta al gioco. Questo il tono del documento che addirittura si dilunga nella descrizione di una “vasta rete commerciale di scambio di titoli accademici, incarichi e convenzioni”.
“Le prove orali – recita l’esposto, citando uno dei tanti casi esposti nei minimi dettagli – si svolgevano a porte chiuse con espresso rifiuto da parte della Commissione della richiesta di uno dei candidati di assistere ad una delle prove orali di altri”. Poi il lunghissimo elenco dei rapporti di parentela all’interno del dipartimento. Docenti citati solo nelle iniziali, ma facilmente riconoscibili vista la mole di dettagli forniti. Infine l’elenco dei concorsi viziati da giudizi accademici che Massai e Soffritti ritengono arbitrari e viziati da “rapporti di parentela e baronato universitario”.
Al di là delle accuse specifiche sono proprio le regole dei concorsi che lasciano spazio alle critiche dei due. “Da anni le procedure concorsuali sono viziate in origine dall’assenza dei criteri standard per la valutazione e la comunicazione dei risultati – racconta Massai – Per questo siamo convinti dell‘illegittimità di tutte le scorse selezioni. Se non si fanno più prove scritte, ad esempio, la scelta dei ricercatori è lasciata alla discrezionalità e alla dispotica arbitrarietà delle commissioni che esaminano a porte chiuse. Come si fa allora a parlare ancora di concorso pubblico?” Una domanda che Massai e Soffritti rifaranno pubblicamente in un’assemblea cittadina in programma entro la prima metà di novembre.
“Ancora non ho visto l’esposto. Sarei però felice se la magistratura si muovesse per verificare tutte le accuse contenute in quelle carte. Il nostro è un signor dipartimento ai primi posti delle classifiche italiane e internazionali. Da nascondere non abbiamo proprio nulla, e siamo disposti ad andare fino in fondo a questa faccenda, se qualcuno ce lo chiederà”, spiega a ilfattoquotidiano.it Giovanni Pieretti, direttore del dipartimento di sociologia. Nemmeno il preside di scienze politiche, il prof Fabio Giusberti, ha visionato l’esposto. “Posso solo dire che bisognerà valutare caso specifico per caso specifico, e capire bene quali sono le accuse contenute nell’esposto. Detto questo non ho mai sentito lamentele da parte di nessuno, mi sembra molto strano che di colpo ci sia tutta questa agitazione. Noi restiamo sereni”.