27 ex deputati regionali, dei quali 24 tra imputati, indagati o già condannati, hanno provato a rimanere onorevoli nonostante avessero dei conti in sospeso con la giustizia: uno ogni quattro ce l'ha fatta. Merito della quota di sbarramento, ma anche degli elettori che hanno portato in parlamento molte facce nuove
Tra gli oltre mille aspiranti deputati che correvano alle ultime elezioni regionali siciliane, Mario Bonomo è forse il più sfortunato. Da consigliere regionale uscente aveva provato a tornare all’Assemblea regionale siciliana candidandosi con Futuro e Libertà. E nonostante fosse indagato per concussione, ben tremila elettori hanno comunque deciso di votarlo. Una scelta neutralizzata dal fatto che il partito di Gianfranco Fini non è riuscito a raggiungere il 5 per cento dello sbarramento necessario per accedere all’Ars. Bonomo, però, non ha fatto in tempo a disperarsi, che già ieri il tribunale di Palermo gli ha inflitto l’obbligo di dimora a Siracusa a causa dell’indagine sulle tangenti richieste ad aziende fotovoltaiche, che già nei mesi scorsi era costata l’arresto e il processo per Gaspare Vitrano, anche lui ormai ex deputato del Pd.
Quello di Bonomo è un destino comune a molti ex deputati che hanno provato a rimanere onorevoli alle ultime elezioni regionale siciliane, nonostante avessero dei conti in sospeso con la giustizia. Gli impresentabili in lizza per uno scranno a Palazzo d’Orleans erano addirittura 28, dei quali ben 24 tra imputati, indagati o già condannati. Di questi sono riusciti a farsi eleggere appena sette: più di un deputato ogni quattro. Merito dello sbarramento, la legge che taglia fuori le liste che non riescono a superare il 5 per cento. Ma una nota di merito va anche agli elettori che hanno portato in parlamento molte facce nuove.
Nonostante tutto, varcherà la soglia di Palazzo dei Normanni Girolamo Fazio, ex sindaco di Trapani, eletto deputato del Pdl con oltre seimila voti. Nel suo pedigree ha una condanna in secondo grado a quattro mesi per violenza privata. Sempre nel partito del predellino torna all’Ars con 12mila voti Francesco Cascio, ex presidente dell’Assemblea, indagato per omissione di atti d’ufficio nell’ambito di un’inchiesta sull’inquinamento acustico. Nella stessa indagine è coinvolto Giovanni Di Mauro, eletto con oltre 7mila voti sotto le bandiere del Movimento per l’Autonomia. Sempre nel Pdl è riuscito a farsi riconfermare con 5mila voti Salvino Caputo, che da sindaco di Monreale avrebbe annullato alcune multe, meritandosi una condanna in appello a due anni per tentato abuso d’ufficio e falso ideologico.
Il Movimento per l’Autonomia si fregiava in campagna elettorale del titolo di “partito più impresentabile” con ben 8 aspiranti deputati già noti alle cronache giudiziarie. Di questi, oltre a Di Mauro, entreranno all’Assemblea regionale siciliana anche Pino Federico, già accusato di voto di scambio, e Giuseppe Picciolo, che avrebbe spedito lettere anonime con false accuse sulla gestione dei rifiuti, meritandosi un processo per simulazione di reato, che però non ha fermato i suoi 8mila elettori. Completa la pattuglia degli impresentabili Pippo Sorbello, più di 7 mila voti a Siracusa, che da sindaco di Melilli era stato condannato a quattro mesi per abuso d’ufficio.
Nell’ultima legislatura l’Ars ha raggiunto quota 27 tra i deputati, indagati, inquisiti o condannati. Adesso può già contare su sette deputati che inizieranno la nuova legislatura con pendenze giudiziarie in corso. A questi va sommato Nino Dina (pezzo forte dell’Udc che ha sostenuto il neo governatore Rosario Crocetta), in passato indagato e poi archiviato per concorso esterno a Cosa Nostra, nonché fedelissimo di Totò Cuffaro, ex presidente ora recluso a Rebibbia dove sta scontando una condanna a 7 anni per favoreggiamento alla mafia. Sempre nell’Udc è riuscito a farsi eleggere Pippo Nicotra, sindaco del comune catanese di Aci Catena, poi sciolto per mafia. Coi neodemocristiani torna all’Ars anche Mimmo Turano, già assessore di Cuffaro, che da presidente della provincia di Trapani è riuscito a prevedere la spesa di settemila euro per una sagra delle cassatelle (sic.) che non si era mai svolta.
Nel complesso però sono parecchi i deputati candidati mentre erano indagati o sotto processo, poi trombati dal voto popolare. Il più importante è Franco Mineo, ricandidato con Grande Sud di Gianfranco Miccichè. Imputato per intestazione fittizia di beni, usura, concussione e peculato, Mineo potrà affrontare il suo processo da privato cittadino dato che non sono bastati i suoi 3mila voti per tornare sulla comoda poltrona di Palazzo d’Orleans. Hanno mancato l’elezione anche gli autonomisti Riccardo Minardo e Filippo Mancuso, arrestati durante la scorsa legislatura, sospesi dall’Ars, e quindi reintegrati. Non torna a Palazzo d’Orleans nemmeno Giuseppe Drago, condannato in via definitiva a tre anni per peculato, perché quand’era governatore avrebbe “distratto” i fondi riservati alla presidenza: per lui oggi hanno votato 1.700 cittadini. Altro pezzo forte che mancherà al palazzo che fu di Federico II è Rudy Maira, ex capogruppo del Cantiere Popolare, indagato dalla procura di Caltanissetta per associazione a delinquere finalizzata alla gestione di appalti pubblici. Rudy Maira però non si dispiacerà troppo. Il regolamento interno all’Ars prevede infatti che ai deputati non rieletti tocchi una maxi liquidazione. Un emolumento supplementare alla pensione, che i legislatori hanno voluto chiamare, per qualche ignoto motivo, “assegno di solidarietà”.
In pratica a tutti i deputati che sono stato sbattuti fuori da Palazzo d’Orleans in questa tornata elettorale, le già languide casse dell’Ars dovranno devolvere un assegno pari all’80% dell’importo lordo di una mese di stipendio moltiplicato per il numero degli anni di mandato effettuato. Per Maira, illustre trombato con tre legislature all’attivo e sei anni di seguito da deputato, è pronto un assegno da quasi sessantamila euro. All’autonomista Mancuso, indagato per bancarotta e non rieletto dopo 11 anni “onorevoli”, spetterà invece una maxi liquidazione da centomila euro. Di poco superiore l’assegno destinato al trapanese Camillo Oddo, non rieletto col Pd dopo tredici anni. L’assegno di solidarietà spetta, però, anche a chi ha deciso di non ricandidarsi. E qui il record è tutto del democratico Lillo Speziale, che passeggia nei corridoi di Palazzo d’Orleans addirittura dal 1991: adesso incasserà ben 180 mila euro. Discreta anche la cifra che spetta ai deputati presenti all’Ars soltanto negli ultimi quattro anni, animati dai governi di Raffaele Lombardo. L’ex capogruppo di Fli Livio Marrocco, per esempio, passerà da Palazzo dei Normanni per intascare un assegno da quasi 40 mila euro: solidarietà bastevole per mitigare la delusione per la mancata elezione.
Riceviamo e pubblichiamo da Girolamo Fazio
In merito agli articoli relativi all’elezione all’Assemblea Regionale Siciliana ed alla vicenda per la quale ho subito la condanna ad una multa per violenza privata, chiedo la pubblicazione della seguente rettifica: Non si puo continuare ad utilizzare la vicenda della condanna ad una multa che mi e stata inflitta nel corso del mandato di sindaco della città di Trapani, “nell’intento di operare per il bene di Trapani e dei suoi cittadini”, come hanno sostenuto il Tribunale e la Corte d’Appello che mi hanno giudicato, per screditare la mia immagine ed accomunarmi a chi ha subito condanne per reati contra la pubblica amministrazione e a danno della società. Non ci sto ad essere “sbattuto” sui giornali come un delinquente, prendendo strumentalmente il dispositivo di una sentenza e non citando le motivazioni, che delineano il percorso logico-giuridico che ha portato a quella decisione. La sentenza, con la quale, tra l’altro, sono state riconosciute prevalenti le attenuanti, ha commutato la pena in una multa, diversamente da come e stato scritto ed affermato. La condanna che mi e stata inflitta è per me motivo di orgoglio e dovrebbe essere così per ogni serio amministratore, perché quella multa l’ho subita, come riconosciuto e scritto in sentenza dai giudici, per difendere la mia città ed i miei concittadini dalle gravissime conseguenze che il comportamento di taluni soggetti avrebbero determinato nell’ambito della gestione dell’ATO Rifiuti. Avevo due alternative in quella vicenda: o reagire per difendere la citta di Trapani ed i suoi cittadini, anche rischiando personalmente, o fare finta di nulla e fare pagare ai miei concittadini il prezzo altissimo di una gestione degli ATO che per perseguire interessi personali e clientelari ha prodotto in Sicilia milioni di euro di debiti. Io ho scelto la prima strada e ne sono fiero. Mi pare spregevole che soggetti che non sanno neanche di cosa stanno parlando mi accomunino a gente che e stata condannata per corruzione, voto di scambio, mafia e cosi via. Correttezza vorrebbe invece leggere le sentenze, di primo e secondo grado, e riferire i fatti per come sono andati realmente. Allego le sentenze in questione per avere un’idea chiara della vicenda. E’ peraltro il caso di precisare, ancora una volta, che la violenza privata è riconducibile ad una discussione, dai toni certamente veementi, con l’ex presidente dell’azienda dei trasporti urbani, nella quale evidenziavo i danni gravissimi che l’ex amministratore delegato dell’ATO stava arrecando alla città di Trapani.
Risponde Giuseppe Pipitone
Prendiamo atto della replica di Girolamo Fazio, ex sindaco di Trapani, neo eletto deputato all’Assemblea regionale siciliana con il Pdl. Avevamo scritto che Fazio era stato condannato a 4 mesi di reclusione per violenza privata in secondo grado. L’ex sindaco ha in effetti poi commutato la condanna con una multa di 1.520 euro. Fazio dice che non ci sta ad essere “sbattuto sui giornali come un delinquente”. Il nostro era e resta un pezzo sui candidati all’Ars con trascorsi da imputati nelle aule di giustizia.