Le mie riflessioni sul femminicidio di qualche giorno fa hanno scatenato una tempesta. Ho però l’impressione di avere messo il dito in una piaga. Ho letto con piacere (difenderò sempre le opinioni altrui anche se non le condivido) tanti articoli di risposta, anche al di fuori de Il Fatto. Ho letto tanta indignazione, veemente, sino all’offesa e alla violenza verbale. Ci sono stati oltre un migliaio di commenti, molti dei quali feroci. Ma anche 2,900 like e ciò vorrà pur dire qualcosa. Il tema è incandescente. E’ necessario dunque che io tragga la mia impressione conclusiva, perché sono stato accusato di bieco maschilismo e da Fabio Marcelli di aver fatto “una scelta ipocrita e intellettualmente nulla” ponendo io maschilismo e femminismo sullo stesso piano, in quanto “è come mettere sullo stesso piano fascismo ed antifascismo”. Qualcuno ha decontestualizzato il mio pensiero. Peraltro non nascondo di aver subito l’indignazione di qualche amica.
Invero l’intenso dibattito conseguente ha solo rafforzato il mio pensiero, anziché demolirlo. Ho il convincimento che in Italia, dopo aver avuto un’informazione disonesta, faziosa e mediocre, che tanti danni ci ha arrecato (poche le firme note, libere), ora abbiamo anche un femminismo opportunista e pericoloso che sfocia nella misandria. Strumentale poiché non interposto a rivendicare una migliore condizione femminile (nobile e condivisibile) ma teso ad egemonizzare la libertà maschile. Ergo, con un chiaro intento prevaricatore quale implicita forma di “risarcimento” per anni di retaggio avvilente. Mi spiego meglio.
Marcelli evidenzia come il maschilismo abbia una connotazione negativa (giusto) ed il femminismo invece sia un movimento sano e necessario. Ho qualche dubbio. Non discuto la valenza di tale movimento e le conquiste ottenute nel tempo. Discuto invece l’uso distorto del femminismo oggi, poiché assurge a pretesa egemonia della cultura con il solo scopo di vendicarsi di un passato poco paritario o per il solo gusto del potere. La sensazione è che si stia passando in Italia (non so dire se ciò travalichi i confini) da una cultura maschilista (abbietta e che non nego, ancor oggi latente) ad una cultura femminista imposta ed urlata, senza avere raggiunto alcun equilibrio in tale posizionamento.
Chi mi racconta che oggi c’è forte disparità tra uomo e donna non mi convince. C’è ancora da fare ma lasciare intendere che l’Italia sia l’Afganistan è una vile falsità. Ho certo esagerato nel rivendicare la raggiunta “piena tutela” delle donne. Uno stalker, un mobber, un abuso devono essere fermati subito, prima che si trasformino in crimini irreparabili. Ma, come scrissi, ciò attiene al (grave) problema generale dell’inefficienza dello Stato che va rimossa ma a beneficio di tutti. E dunque riguarda l’essere umano.
Oggi su Il Corriere della Sera vi è finalmente mezza pagina dedicata alle stalker femmine endofamiliari. Ne vogliamo parlare? Non nego che ci siano donne uccise barbaramente da uomini violenti in ambito familiare. Ciò mi fa orrore poiché la donna rimane sempre l’essere più delicato. Ed è giusto mantenere alta l’attenzione. E’ però ingiusto strumentalizzare le vittime. Ho perplessità sui numeri sparati a vanvera. Nessuno ad oggi mi ha difatti indicato una fonte ufficiale da cui trarli e la causa precisa delle morti e per mano di chi. Il “cianciare” era riferito al giornalismo pressapochista. Ho contrapposto numeri ufficiali che smentiscono l’allarme, anche se è giusto che vadano letti più nel profondo, dal generale al particolare. Un lettore ha ben citato la fonte del ministero dell’Interno che nega qualsivoglia allarme al riguardo. Dunque si stanno enfatizzando alcune morti per destare allarme e, come scritto prima, per imporre un femminismo d’assalto. Egemonizzante. Aggressivo come il tono usato nei commenti, vera cartina di tornasole del femminismo d’avanguardia (presunta). E’ come se sostenessi che dopo la barbarie della tata di New York, in ogni tata e donna si nasconda una potenziale omicida. Sarebbe irresponsabile pensarlo e farlo credere.
L’accostamento col diritto di famiglia è ben pertinente poiché la giurisprudenza di violare l’affidamento condiviso, di trasformare l’uomo in un bancomat garantendo irritualmente alla donna un welfare attivo, di ignorare ogni grave violazione della donna (sottrazioni e calunnie enormi), sono proprio la conseguenza di questo femminismo egemonizzante. Inculcare il pensiero che le donne siano discriminate in quanto tali e sempre deboli a prescindere provoca una reazione solidale dei giudici e del sistema in generale, fondato su presupposti dopati.
I miei occhi vedono una crescente misandria che sta ammorbando il rapporto tra i sessi. E che non può certo essere una risposta al maschilismo, pure invocato e latente. Parità significa garantire stessi diritti e doveri senza distinzioni di sesso. Usciamo dunque da questo sessismo e, come ha ben scritto qualcuno, orientiamo energie e livori verso la classe politica disonesta e corrotta che ci governa.