Barack Obama è oggi in New Jersey. Con il governatore dello Stato, Chris Christie, visiterà alcune delle zone più colpite dall’uragano Sandy. Il presidente avrebbe voluto fermarsi anche a New York, l’altra zona pesantemente toccata dalle distruzioni. Il sindaco Michael Bloomberg ha però risposto: no, grazie. “Saremmo ben contenti di avere Obama – ha detto Bloomberg – Ma abbiamo un sacco di cose da fare, e Obama ha un sacco di cose da fare. Basta la visita in New Jersey, che rappresenta l’intera regione”.
Per andare in New Jersey, Obama ha cancellato un appuntamento elettorale in Ohio. Da tre giorni il presidente ha del resto abbandonato la campagna elettorale, per dedicarsi completamente alla gestione della crisi. “Non mi pongo il problema della campagna, ora”, ha risposto a chi gli chiedeva quando pensa di tornare alla politica attiva. Nessuna nuova apparizione pubblica del presidente è per ora confermata dal suo ufficio stampa, anche se le voci più attendibili suggeriscono che Obama dovrebbe tornare ai comizi entro giovedì.
Come riprendere la battaglia politica dopo l’uragano Sandy – che ha ucciso almeno 50 persone e seminato devastazioni profonde in tutta la costa orientale – resta comunque un problema sia per Obama che per Mitt Romney. Difficile trovare nel recente passato una situazione simile. Mai una tragedia di così ampie dimensioni si è abbattuta sul Paese a una settimana dalle elezioni. Un caso forse comparabile è la crisi dei missili con Cuba, nel 1962, scoppiata a tre settimane dalle elezioni di midterm. Allora i democratici di John F. Kennedy conquistarono seggi al Senato e li persero alla Camera. Un’altra situazione in qualche modo paragonabile è quella del 2004, quando a soli quattro giorni dal voto per la Casa Bianca arrivò sulle televisioni americane un video di Osama bin Laden che rigettò l’America nell’incubo 11 settembre.
In entrambi i casi si trattava comunque di eventi politici che contribuirono a ri-orientare la battaglia elettorale. L’uragano Sandy è una cosa diversa. E’ una tragedia nazionale, di fronte alla quale nessun candidato può rischiare di apparire cinico, insensibile, guidato dal desiderio di conquistare voti e non dalla compassione per le vite di milioni di persone in difficoltà. Mitt Romney, che ieri aveva in programma un comizio a Dayton, Ohio, ha pensato bene di non cancellare l’appuntamento, ma di trasformarlo in uno “storm-relief event”, in cui lui stesso si è messo dietro un tavolo a raccogliere scatolame e generi alimentari vari destinati alle vittime dell’uragano. Uno schermo, dietro di lui, chiedeva al popolo repubblicano di donare 10 dollari alla Croce Rossa e subito dopo rimandava immagini del candidato, definito “carismatico” e “autentico”.
L’evento di Dayton è servito a Romney a non sparire dagli schermi televisivi in un momento decisivo della campagna elettorale. A detta di molti analisti, una crisi come quella di Sandy tende infatti a favorire il presidente in carica, che non ha bisogno di programmare eventi di nessun tipo per ottenere l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica. Quando, oggi, Barack Obama percorrerà le strade allagate del New Jersey, portando conforto alle vittime, le televisioni di tutta America, probabilmente di tutto il mondo, lo seguiranno. Obama non porterà soltanto espressioni di conforto, ma anche la promessa di sostanziosi aiuti del governo federale per le zone colpite. La gestione della crisi, direttamente dalla Casa Bianca e attraverso la Fema (la Federal emergency management agency, rimasta tragicamente celebre ai tempi dell’uragano Katrina) ha poi conquistato al presidente le lodi di amici ed avversari. “Il presidente e la sua amministrazione si sono coordinati con noi. E’ stato meraviglioso”, ha detto il governatore del New Jersey, Christie, un repubblicano conosciuto per la sua opposizione feroce a Obama e per i modi particolarmente brutali. Anche il sindaco di New York, Michael Bloomberg ha avuto soltanto lodi per la capacità “di ascolto” della Casa Bianca.
Obama non può ovviamente esagerare e dare l’impressione di sfruttare politicamente la crisi. Sarebbe un errore grossolano, che gli americani non gli perdonerebbero. Ciò non toglie che la campagna democratica, come del resto quella repubblicana, continui in queste ore a funzionare a pieno ritmo. Se Obama e Romney sono costretti a cancellare numerose apparizioni, i loro “surrogates” non si fermano e percorrono gli Stati più contesi, che non sono stati praticamente colpiti da Sandy. Oggi Paul Ryan sarà in Wisconsin. Joe Biden in Florida. Ieri Bill Clinton non ha mancato una serie di appuntamenti in Minnesota e Colorado. Altrettanto impegnata l’agenda di Ann Romney. Le campagne repubblicana e democratica non hanno peraltro cancellato gli spot elettorali più aggressivi. In Ohio i democratici hanno comprato diversi spazi televisivi per attaccare Romney e le sue idee sull’industria dell’auto. I repubblicani hanno appena prodotto un nuovo spot dal titolo “Crushed By Your Politics”, distrutti dalle tue politiche. Continua anche il lavoro oscuro ma importantissimo di migliaia di militanti che telefonano e bussano alle porte di milioni di americani per conquistare i voti degli indecisi.
Nonostante la tragedia, sia pure in una forma diversa, la campagna elettorale dunque continua. Del resto, come ha confessato un consulente di Romney: “A meno di una settimana dal voto, non importa quello che fai. Tutto è politica”.