Le ha buttato addosso una bottiglia di cherosene e poi le ha dato fuoco con un accendino. Mentre Valentina si incendiava come una torcia umana, una scintilla avvolgeva di fiamme il marito che moriva carbonizzato al suo fianco. Valentina Pitzalis, sarda di Carbonia, si risvegliò in un letto d’ospedale senza più un volto, una mano amputata e un’altra gravemente ustionata. In un primo momento credette che l’ex marito dopo il tentativo di ucciderla, si fosse suicidato, dandosi fuoco. Morire con lei per vivere il loro amore “speciale” in un’altra dimensione. Non fu così. E’ l’ultima atroce verità emersa dalle indagini, volutamente tenuta nascosta a Valentina. Il marito voleva uccidere soltanto lei.
Valentina ricorda quei terribili momenti senza rancore: “Ci eravamo lasciati da poco. Mi telefonò con una scusa, aveva bisogno di un documento. Glielo portai a casa, poi un saluto. Mi stavo dirigendo verso la porta d’ingresso quando lui mi chiamò. Io mi voltai e lo vidi gettarmi addosso un liquido. Per reazione portai le mani al volto, un istintivo gesto di autodifesa. Forse, per questo mi sono salvata”. Valentina non lo chiama mai per nome (Manuel Piredda, ndr), quasi a non volerne più evocare la memoria. Che sia stato un tentativo di femminicidio, seguito da un suicidio o un’incidente a Valentina importa poco, lei lo ha già perdonato da tempo: “Lui non era un mostro ma ha fatto una cosa mostruosa. Era malato di gelosia morbosa. Non mi ha fatto continuare gli studi. Non mi faceva lavorare. Un mio errore, quello di essere stata troppo accondiscendente. Il suo era un amore malato, autodistruttivo. Me ne sono accorta troppo tardi.”
Ilfattoquotidiano.it incontra Valentina a una serata in suo onore allo Shanghai di Milano organizzata dall’antiquario Manuele Belotti. E’ una delle sue rarissime uscite pubbliche visto che dal giorno più brutto, il 16 aprile 2011, ha subito 23 operazioni, lotta e percorre ogni giorno un pezzetto di strada per ritornare a essere come prima. Valentina sorride agli invitati che hanno accolto l’invito “Trash en tete”, mettendosi in testa acconciature di ogni forma, foggia e colore. 25 euro a testa, un piccolo contributo per consentirle di continuare le sue cure (qui il gruppo su Facebook creato da lei). Sorride Valentina, si è addobbata anche lei di rose e fiori.
Qualche avvisaglia che suo marito era un tipo violento l’avrà pure avuta durante gli anni di matrimonio. “Non era un tipo aggressivo – spiega-. Non mi ha mai dato uno schiaffo. Mi faceva invece della violenza psicologica, assai più pericolosa”. Quale è il suo obiettivo oggi? Risponde senza indugio: “Ritornare ad essere autosufficiente. Se esiste un modo per riavere il mio viso, il mio corpo, la mia vita, non voglio pensare che ci siano ostacoli”. E conclude: “Meglio sorridere e andare avanti. Il sorriso è l’unica cosa che non mi ha portato via”.