Quando ero giovane avevo una memoria infallibile.
Mi bastava leggere qualcosa e la sapevo a memoria. Vincevo scommesse del tipo: imparo in 15 minuti una pagina dell’elenco telefonico. Poi, con l’età, ho cominciato a dimenticare. Nomi, eventi, cose che mi sono accadute. Mi dicono capiti a tutti. Allora ho cominciato ad appuntare su un blocchetto fatti che ritenevo importanti.
Sono in buona compagnia. Dico un’ovvietà, ma è evidente che siamo un Paese senza memoria. Altrimenti non si spiegherebbe perché un popolo che era fascista, per uno strano caso di amnesia collettiva, si svegliò antifascista. Come in “Men in Black”, qualcuno doveva aver usato la penna con il flash che rimuove la memoria.
Sarebbe bello, però, che ci fosse sempre qualcuno al mio fianco a ricordarmi le cose. Forse non solo a me.
Anche nelle chiacchiere tra amici, nelle quali spesso capita quanto segue.
“Guarda, lo sai che io sono sempre stato di sinistra… ma non puoi negare che Gianfranco Fini…”, e parte l’analisi su sua intelligenza.
Ecco, a quel punto sarebbe utile che qualcuno intervenisse per dire: “Scusa, parli dello stesso Gianfranco Fini che, tra l’altro, era nella Sala Operativa della Questura di Genova durante il G8?”.
Oppure.
“Puoi dire quello che ti pare, ma l’intelligenza di Massimo D’Alema…”
“Lo stesso Massimo D’Alema che, tra l’altro, con la Bicamerale ha spianato la strada a Berlusconi?”.
“Certo che, a parte l’eloquio pittoresco, Antonio Di Petro…”.
“Lo stesso Antonio Di Pietro che, tra l’altro, ha candidato Scilipoti e Maruccio?”.
“Non puoi negare che Silvio Berlusconi…”
Vabbè. Qui è troppo facile.
Ho sentito insospettabili, tra cui molti parlamentari di sinistra, tessere le lodi di Gianni Letta.
“L’Espresso” ha pubblicato un’intercettazione con Guido Bertolaso, allora a capo della Protezione Civile, avvenuta poco dopo il terremoto a L’Aquila. (Per onestà: io mi fidavo di lui. Ma sono solo un saltimbanco da quattro soldi e mi si mena per il naso facilmente).
Il 9 Aprile, tre giorni dopo la tragedia, si tengono i funerali delle 309 (trecentonove) vittime. Tante bare bianche. Ma c’è un problema da risolvere.
Alle esequie non vogliono rinunciare il Presidente della Repubblica, quello del Senato, quello della Camera, il Presidente della Corte Costituzionale.
Già, ma il problema, qual è? Che se vengono tutti, dice Gianni Letta, “Berlusconi diventa il quinto… il sesto”.
Insomma: non gli è garantito un posto in prima fila.
Se non siete ancora andati a vomitare, la telefonata continua.
Bertolaso, pronto ad affrontare qualsiasi emergenza, ha la soluzione: “Non sono funerali di Stato! Sono funerali solenni!”.
Non c’è, quindi, un protocollo da seguire. “Ci penso io”, Bertolaso tranquilizza Letta. Una soluzione si trova. Berlusconi avrà il suo bel posto in prima fila, a beneficio di fotografi e televisioni. “Ci penso io, fammi lavorare. Non voglio darti anche questa rottura”, conclude Bertolaso quando Letta ha già attaccato. Come un innamorato indispettito.
Alla fine Berlusconi, per motivi istituzionali, il suo bel posticino non lo trova. Allora va a sedersi tra i parenti delle vittime. Il gioco è fatto.
Giova ricordare che sono solo un pagliaccio. E la mia opinione vale davvero poco.
Però mi piacerebbe che, se mai un giorno, dovessi dire: “Però Gianni Letta…” uno di voi mi interrompesse per sottolineare: “Lo stesso Gianni Letta che, il giorno dei funerali di 309 (trecentonove) persone, tra cui tanti bambini e ragazzi, si preoccupava di mettere Berlusconi in prima fila?”.
Poi facciamolo Presidente della Repubblica, di Camera e Senato insieme, della Juventus, Segretario Generale delle Nazioni Unite, Papa, Santo, quello che vi pare.
Ma vi scongiuro. Vi imploro.
Aiutatemi a ricordare.