Uno dei maggiori pensatori contemporanei, Paolo Villaggio, ha delineato il fenomeno, non solo italiano, del balconismo: date a qualcuno un balcone da cui parlare – ma basta molto meno, anche una cattedra universitaria o una cassetta da frutta ai mercati generali – e subito quello si metterà ad arringare le folle. Questo curioso fenomeno comunicativo, naturalmente, si prolunga e anzi si moltiplica sul web. Per fare il mio piccolo caso, pure io quando scendo dalla cattedra – dove, per la verità, cerco eroicamente di trattenermi – non riesco a smettere di pontificare anche sul sito del Fatto quotidiano: con effetti anch’essi bizzarri.
Mentre gli studenti di solito si trattengono dal mandarmi a spigolare, per la posizione di potere e magari di autorevolezza che conservano ancora (non tutti, ma) alcuni docenti, i miei quattro lettori non aspettano altro: hanno infatti a disposizione anche loro, come me, un piccolo balcone personale, che nel loro caso è il quadratino del commento, e la mia stessa piazza Venezia elettronica, lo sterminato oceano della rete, sicché giustamente ne approfittano alla stragrande. Qui, però, cominciano i problemi.
Certo, il blogger parte da una posizione di vantaggio: sceglie lui il tema, e di solito si occupa di cose che crede di conoscere meglio dei suoi commentatori. Se però fa la duplice fesseria di dire che insegna all’università, cosa che da sola basterebbe a innescare reazioni goliardiche, e di usare massicce dosi di autoironia, allora anche questo vantaggio si ritorce a suo danno. Qualunque lettore, spaparanzato davanti al suo pc e coperto dall’anonimato, potrà usare il suo balconcino elettronico per dileggiarlo, attaccandosi a tutto: dal suo aspetto fisico al suo presunto 730, sino agli errori di stumpa.
Tutto questo fa parte del gioco e spiega, se non giustifica, perché di solito non leggo i commenti e comunque non rispondo: non è arroganza, cerco solo di conservare un minimo di autostima, e anche di simpatia per il genere umano. Ma proiettate il fenomeno del balconismo su scala regionale, nazionale o addirittura globale e chiedetevi perché la democrazia elettronica non funziona, e chi dice di crederci mente sapendo di mentire.
Neppure Obama o il nostro Grillo, che devono le loro fortune al web, dovrebbero farsi troppe illusioni: la rete serve a molte cose e talvolta permette di incontrare persone meravigliose, ma sinché la televisione non parla di te, e tu stesso non ti mostri alla gente in carne e ossa per far capire che razza di bestia sei, il balcone elettronico non funziona.