Tess spa è il braccio operativo della Regione in materia di recupero e rilancio del territorio. Negli anni è diventata il mezzo per tamponare le conseguenze del calo occupazionale. Ma ora annaspa: 3 milioni e mezzo di debiti hanno di fatto azzerato il capitale sociale che un paio di anni fa ammontava a poco più di 4 milioni di euro
E’ una specie di paradosso. Nel Napoletano una società pubblica nata per affrontare e risolvere le situazioni di crisi è finita in crisi. Una crisi nera: 10 mesi senza stipendio per i suoi 28 dipendenti a tempo indeterminato, la sede di Ercolano sotto sfratto per morosità, un commissario liquidatore in azione, tavoli a oltranza tra gli enti pubblici che ne detengono le quote, per discutere se e come ricollocare il personale.
Benvenuti alla Tess spa. L’agenzia di sviluppo del territorio torrese, stabiese e vesuviano, che ricomprende sedici città della provincia di Napoli e una popolazione di 510mila persone. Il braccio operativo della Regione Campania – che col 52% è socio di maggioranza assoluta – in materia di recupero e rilancio del tessuto produttivo ai piedi del vulcano. Un tessuto particolarmente depresso, costellato di aree dismesse, capannoni vuoti, industrie in sofferenza, che hanno lasciato in mezzo a una strada centinaia di lavoratori. I dati registrano un tasso di occupazione pari al 33,28% della popolazione attiva (15-64 anni) rispetto al 43,7% su base regionale e il 17,5% di disoccupati rispetto all’11,2% della Campania. La Tess ha fatto quel che ha potuto, portando a casa qualche buon risultato quando il vento dell’economia soffiava a favore – la riconversione dell’ex cementificio di Pozzano in albergo di lusso sulla statale sorrentina, la creazione di un polo nautico a Torre Annunziata, la realizzazione del lussuoso porto turistico di Marina di Stabia – e arenando nelle secche del momento poco felice dell’economia quando dal 2008 in poi il vento è girato contro. E chissà se un ruolo nella lenta agonia della Tess l’ha avuto la fama di fortino di Bassolino e dei bassoliniani, che qui hanno piazzato a lungo management e consulenti di stretta appartenenza politica, da abbattere dopo la vittoria del socialista azzurro Stefano Caldoro.
Sarà. Ma va ricordato che la Tess divenne di fatto operativa su input di una giunta regionale di centrodestra. E’ il 1995 – presidente l’ex missino Antonio Rastrelli, assessore allo Sviluppo l’ex An Francesco D’Ercole – quando inizia a decollare la società che ha il compito di gestire uno dei tre contratti d’area operanti in Italia, quello dell’area torrese e stabiese. Il governo ha individuato zone di crisi e ridimensionamenti industriali sulle quali provare ad attirare investitori attraverso strumenti legislativi e fiscali ad hoc. E’ la cosiddetta ‘programmazione negoziata’. Si è poi ingrandita tra Portici ed Ercolano, assorbendone il Patto del Miglio d’Oro.
Negli anni la Tess ha cambiato pelle, ruoli e funzioni. Da strumento di creazione di nuove opportunità di lavoro è diventata il mezzo per tamponare le conseguenze del calo occupazionale. Partecipando alle vertenze sulle crisi industriali, acquisendo l’area dismessa della Metalfer – che ora è in vendita ma con il vincolo della ricollocazione di 80 operai – accompagnando il reddito e la riqualificazione professionale di circa 240 lavoratori. Licenziati sia da aziende che hanno utilizzato il contratto d’area (la Metalfer) sia da aziende insediate senza il coinvolgimento della società pubblica di sviluppo (è il caso degli ex dipendenti Avis). “Attività che hanno consentito anche di tenere sotto controllo le tensioni sociali in attesa che si concretizzassero nuove iniziative industriali”, si legge in un documento sindacale trasmesso alla Regione Campania.
La Tess ora annaspa: 3 milioni e mezzo di debiti hanno di fatto azzerato il capitale sociale che un paio di anni fa ammontava a poco più di 4 milioni di euro. Manca il carburante di nuove commesse, la Regione Campania non ha rinnovato gli affidamenti, languono i 20 milioni di euro stanziati da Bassolino e congelati da Caldoro (la delibera violava il patto di stabilità). Quei fondi servivano a realizzare la vasca di alaggio di Torre Annunziata e la strada di collegamento del Polo Nautico. Senza affidamenti, e senza attività, la Tess non può più pagare nessuno. Ed è stata messa in liquidazione. Il commissario è Giuseppe Catenacci, ex capo di gabinetto della Regione. I 28 lavoratori aspettano news sul proprio destino. La Regione Campania si è detta disponibile a ricollocarne 14, pari al suo 52%, attraverso le sue partecipate. Ma prima di procedere vuole che anche gli altri soci enti facciano la loro parte. Il Comune di Castellammare di Stabia, che detiene quasi l’11%, ha risposto all’appello. La Provincia di Napoli, titolare del 9%, è alle prese con un cambio al vertice dopo le ‘dimissioni’ del presidente Luigi Cesaro. Gli altri soci pesanti sono il Comune di Torre Annunziata (10%) e Invitalia, ex Sviluppo Italia (9%). Il resto è sparpagliato in mini quote diffuse tra i comuni ricompresi nell’area Tess, la Comunità Montana dei Monti Lattari, il consorzio Asi di Napoli (a sua volta in liquidazione). La crisi morde, e anche i dipendenti di Tess soffrono la malattia che finora avevano curato agli altri.