E’ un’iniziativa audace quella di
Duellanti, anche azzardata. La scelta di dedicare un intero numero – per di più aumentato di 24 pagine rispetto alla solita foliazione – a
Marco Bellocchio e al suo
Bella addormentata prende in contropiede, spiazza il lettore abituale e può persino irritare tutti gli altri. Mentre le pubblicazioni di settore vendono sempre meno, la settantottesima uscita della rivista è una
monografia che parte da un’opera felicemente definita “scontrosa” dal direttore Marco Toscano per riflettere poi sul percorso di un cineasta segnato a fuoco da un’inconsueta coerenza artistica.
Frainteso e strumentalizzato da più parti, il
film del regista piacentino privilegia
la frammentazione e i cambiamenti improvvisi, si sgretola sotto agli sguardi sbadati con la conseguenza di aver incassato una cocente quanto inevitabile sconfitta
alla sfida degli incassi.
Duellanti 78 – distribuito in questi giorni – non ha voluto sfruttare i dibattiti che si sono coagulati intorno al corpo vivissimo di
Bella addormentata all’indomani della presentazione veneziana né ha voluto cavalcare l’onda dei salotti televisivi, delle polemiche, dei livori. Al contrario, questa prima monografia ospitata su una testata che tornerà, dal prossimo mese, “generalista” nasce dopo tutto ciò, da una riflessione a posteriori, “[…]
non certo per tributare a Bellocchio e al suo lavoro un “risarcimento” di cui non ha bisogno, quanto per riprendere a ragionare su qualcosa che ci ha emozionato. Fatto discutere. A mente fredda, senza l’assillo dell’aggancio all’attualità che spesso determina le scelte di una rivista”.
Contro ogni strategia pubblicitaria, la formula che assume oggi il periodico ne decifra invero il metodo, la profonda identità “duellante” così come la congenita riluttanza a far parte di un diffuso appiattimento. Per un mese più commercialmente rischioso degli altri, gli occhi sono puntati su un testo filmico esemplare per adesione alla realtà e per coefficiente artistico, analizzato da contributi che nascono da angolazioni differenti cui fa seguito una seconda parte antologica con tutti gli articoli su Bellocchio pubblicati su
Duel, prima, e su
Duellanti, poi. Ancora alcuni interventi inediti, un portfolio, una filmografia integrale, una bibliografia ragionata e un pezzo in cui
il figlio Pier Giorgio ripercorre la lavorazione, interrogandosi sul ruolo d’attore e rievocando il rapporto col padre.
Il formato è quello abituale, a cambiare solo la direzione dell’analisi; non spaventi la definizione, ma sarebbe giusto parlare di un lungo saggio in forma di giornale, se preferite, di un numero-mostro, che fa e impone una presa di posizione, presentandosi non come allegato o parte di un’uscita canonica, ma totalmente autosufficiente e slegato dai doveri della pubblicazione con copertura mensile delle uscite in sala. Apparentemente almeno. Perché un titolo, anche uno solo, può bastare a illuminare su tutto il resto, basta saper saltare nel vuoto.