Il chilometro zero attenua l’emorragia del mercato italiano dell’auto che a ottobre ha registrato un calo annuale del 12,39% delle immatricolazioni a quota 116.875 veicoli che si confronta con il – 25,54% annuo di settembre, quando erano stati venduti 109.475 pezzi. “Solo grazie a un ricorso massiccio alle chilometri zero”, ha commentato il presidente di Federauto, Filippo Pavan Bernacchi, secondo il quale “a leggere questi dati viene da pensare che i Maya, quando avevano previsto la fine del mondo, si riferissero in realtà al mondo italiano degli autoveicoli”.
Nello stesso periodo sono stati registrati 407.005 trasferimenti di proprietà di auto usate, con una variazione di +8,22% rispetto a ottobre 2011, durante il quale ne furono registrati 376.080 . A ottobre, quindi, il volume globale delle vendite (523.880 autovetture) ha interessato per il 22,31% auto nuove e per il 77,69% auto usate, mentre il saldo dei primi dieci mesi dell’anno evidenzia l’immatricolazione di 1.207.860 autovetture, con un crollo del 19,72% rispetto al periodo gennaio-ottobre 2011, durante il quale ne furono immatricolate 1.504.528.
In questo contesto Fiat ha chiuso il mese con un calo delle vendite del 10,32 per cento a 34.051 unità, per una quota di mercato che si è attestata al 29,1 per cento. A settembre le vendite del gruppo torinese avevano subito una flessione del 24,23 per cento. Ad ottobre, ”in uno scenario ancora fortemente negativo”, che registra “il peggior risultato ottenuto in ottobre dal 1977 quando le immatricolazioni furono 93mila”, il gruppo Fiat ottiene “un risultato leggermente migliore rispetto a quello del mercato”. Lo evidenzia in una nota il Lingotto, aggiungendo che la quota del gruppo è “in crescita di 0,7 punti percentuali rispetto ad un anno fa”. Panda e Punto si confermano le auto più vendute. Tra le top ten anche 500, Ypsilon e Giulietta.
“E’ l’undicesima flessione consecutiva a doppia cifra, anche se la più contenuta da inizio anno, con livelli di immatricolazioni appena più bassi di quelli dell’ottobre 1995”, commenta Roberto Vavassori, presidente dell’Associazione nazionale filiera industria automobilistica (Anfia). “Rispetto ai livelli del 2007, negli ultimi 5 anni abbiamo perso quasi il 44% del mercato. Per le imprese della filiera automotive italiana – avverte Vavassori – lo stato di allarme rimane forte, soprattutto perché i volumi di produzione di autoveicoli nel nostro Paese sono al di sotto della soglia critica per la tenuta del tessuto industriale”.
Per il presidente dell’Anfia il rischio è che “le aziende più piccole e le multinazionali estere della componentistica si trovino costrette a chiudere gli impianti, con gravi ricadute occupazionali e una grossa perdita per l’intera economia nazionale, considerando il notevole contributo che proviene dalla componentistica automotive in termini di competenze, fatturato, occupazione, export e investimenti in R&D. Vavassori rinnova “l’appello alle istituzioni, governo e Parlamento, per lavorare insieme ad un miglioramento della competitività industriale nazionale. Un inderogabile passo da compiere – sottolinea – per consentire un livello di investimenti coerente con la posizione dell’Italia di secondo Paese manifatturiero in Europa”.
“In media, una concessionaria al giorno sta chiudendo, saranno 350 alla fine dell’anno, con 150 nuovi disoccupati alla settimana solo dal sistema distributivo- commenta Jacques Bousquet, presidente dell’Unrae, l’Associazione delle Case estere in Italia – ma che in rapporto alle altre aree di crisi del Paese, sono numeri che non fanno rumore perché non concentrati in un’unica area, come Termini Imerese, Taranto o Portovesme”.