“Non cerchiamo aiuto né dall’Italia né dall’Europa”, ha ripetuto come un mantra Sergio Marchionne nelle scorse settimane mentre avviava il tavolo con il ministero dello Sviluppo economico per avere le agevolazioni all’export che il capo della Fiat ritiene necessarie. “Se uno fa cento bottiglie da esportare, su quelle cento gli si potrebbero magari ridurre le imposte ed eliminare i passaggi burocratici”, ha detto il primo novembre al Corriere della Sera. Quello che Marchionne non dice, però, è che intanto la Fiat di aiuti italiani per alcune attività all’estero ne incassa già. E’ possibile, nonostante tutti i divieti comunitari sugli aiuti di Stato? Sì, basta passare per il Brasile. Forse la via più corta che Torino ha per incassare sostegni governativi in Italia, sotto forma di sostanziosi crediti fiscali.
La norma che li garantisce è del 1980 e se n’è persa la memoria a 32 anni di distanza: gli unici che la ricordano bene sono i grandi fiscalisti che consigliano le imprese quando devono investire. Come nel caso del nuovo investimento nel Paese sudamericano del gruppo torinese. Un sito produttivo che dal 2014 dovrebbe impiegare 4.500 lavoratori nella città di Goiana, in quel Nordeste raccontato mirabilmente dallo scrittore Jorge Amado.
“Sono felice che il ministro Passera, andando in Brasile, si sia reso conto dei grandi risultati della Fiat in quel Paese. Certamente non gli sarà sfuggito che il governo brasiliano sia particolarmente attento alle problematiche dell’industria automobilistica. Sono sicuro che il Ministro sappia che le case automobilistiche che vanno a produrre in Brasile possono accedere a finanziamenti e agevolazioni fiscali“, aveva detto Marchionne il 21 settembre in risposta alle esternazioni del ministro dello Sviluppo economico di rientro dal Paese sudamericano e riferendosi ai corposi aiuti ricevuti in loco.
Passera, però, potrebbe non essere altrettanto felice. Per capire perché bisogna fare un passo indietro al 1980, quando in sede Ocse Italia e Brasile firmarono una convenzione bilaterale (n. 844 del 29/11/1980) per evitare le doppie imposizioni sui redditi, compresi quelli d’impresa tipo l’odierna Ires. Ovvero, quando sugli utili prodotti in Brasile vengono pagate le tasse, è dovuto un credito d’imposta d’uguale ammontare in Italia quando questi vengono rimpatriati in modo che le tasse siano pagate dall’azienda una sola volta. “Non ci sarebbe nulla di strano in questo”, dice una fonte dell’amministrazione finanziaria italiana che preferisce mantenere l’anonimato. “Se non fosse che questa convenzione stabilisce, convenzionalmente, che l’imposta brasiliana è sempre da considerarsi pagata con l’aliquota del 25 per cento dell’ammontare lordo soggetto all’imposta (15 per cento sui dividendi). E quell’aliquota può essere dedotta anche se, come spesso è accaduto in passato, le società italiane in Brasile raggiungevano accordi per non pagare nessuna tassa sugli utili, almeno per un tot di anni”.
Perché una norma che concede comunque un credito fiscale su utili lordi che in Brasile non sono tassati ? “Non bisogna dimenticare che la norma dell’80 (entrata in vigore nel 1982, ndr) nasceva dall’esigenza di aiutare un Paese arretrato. Una semplice compensazione di tasse già pagate non sarebbe stata un incentivo potente ad investire lì. La strategia di riconoscere comunque il 25 per cento consente allo stato sudamericano di giocare sul differenziale con la tassa effettivamente imposta, che incasserà poi l’impresa italiana dallo Stato italiano”.
Non a caso Marchionne, nel commentare il nuovo sito di Goiana non parlava solo di “finanziamenti sino all’85 per cento su un investimento complessivo di 2,3 miliardi di euro”, ma diceva anche che “a questi si aggiungeranno benefici di natura fiscale, quando sarà avviata la produzione di automobili, per un periodo minimo di 5 anni”. Il manager italo-canadese dimentica di ricordare, però, che quei benefici raccolti in loco per chi si trasferisce, raddoppiano con i crediti fiscali in patria.
Un accordo simile era stato siglato anche con lo Stato di Singapore, ma proprio ad agosto di quest’anno i Parlamenti dei due Paesi hanno acconsentito alla modifica di questo meccanismo di crediti che sparirà una volta che il trattato sarà ratificato (in Italia serve la firma del Presidente della Repubblica). Nel bilancio consolidato 2011, l’ultimo approvato, Fiat ha iscritto crediti fiscali per attività correnti per ben 369 milioni di euro, di cui 367 derivanti da attività industriali senza specificare ulteriormente da quali attività arrivino.
La società, contattata per avere un riscontro, ha detto che la quota riguardante le attività brasiliane è pari al 15% del totale, indicandola poi in una cinquantina di milioni, che si incrementeranno quando nel 2014 entrerà in funzione anche il nuovo stabilimento. Tuttavia a Marchionne questi aiuti non sembrano bastare, perché dopo aver affermato che gli stabilimenti italiani (che resteranno aperti) dovranno lavorare per gli Usa ha chiesto al governo anche di “cambiare il fisco per favorire l’export”.
Intanto, per dare un’idea delle potenzialità della vecchia legge, è utile sfogliare anche il bilancio 2011 di Telecom Italia, altra società con una presenza importante Oltreoceano. Il gruppo di telecomunicazioni ha accumulato bel 147 milioni di euro di crediti d’imposta dalle attività brasiliane, su 155 crediti fiscali complessivi. Fiat in Brasile ha prodotto 772mila auto nel 2011, più di quelle prodotte in Italia, e la sua presenza produttiva abbraccia oltre all’assemblaggio anche Powertrain (motori), Magneti Marelli, Teksid eccetera per un fatturato consolidato pari a 9,8 miliardi di euro abbondanti. Senza considerare i camion Iveco, ormai in Fiat Industrial.
E il dato è destinato a salire. Secondo i dati diffusi ieri, infatti, il Lingotto nel mese di ottobre ha aumentato la sua quota nel mercato brasiliano fino al 23,1%, quando ha immatricolato 80.799 automobili e commerciali leggeri, crescendo del 41,4% rispetto a ottobre del 2011. Con questo risultato, la Fiat riporta vendite per 692.428 unità da gennaio a ottobre, con una crescita del 11,9% sullo stesso periodo del 2011, quando sono state vendute 618.833 unità. In pratica Torino sta crescendo più del mercato brasiliano, che è progredito del 7,2% in confronto all’anno scorso, con 2,99 milioni di automobili e commerciali leggeri commercializzati tra gennaio e ottobre del 2012.
Economia & Lobby
La crisi Fiat e il doppio aiuto che intanto Marchionne incassa grazie al Brasile
In attesa di un accordo con Monti e Passera sul sostegno all'export, il Lingotto che conferma la leadership nel Paese sudamericano, continua a beneficiare oltre che degli sgravi locali, dei crediti fiscali previsti da una normativa italiana del 1980
“Non cerchiamo aiuto né dall’Italia né dall’Europa”, ha ripetuto come un mantra Sergio Marchionne nelle scorse settimane mentre avviava il tavolo con il ministero dello Sviluppo economico per avere le agevolazioni all’export che il capo della Fiat ritiene necessarie. “Se uno fa cento bottiglie da esportare, su quelle cento gli si potrebbero magari ridurre le imposte ed eliminare i passaggi burocratici”, ha detto il primo novembre al Corriere della Sera. Quello che Marchionne non dice, però, è che intanto la Fiat di aiuti italiani per alcune attività all’estero ne incassa già. E’ possibile, nonostante tutti i divieti comunitari sugli aiuti di Stato? Sì, basta passare per il Brasile. Forse la via più corta che Torino ha per incassare sostegni governativi in Italia, sotto forma di sostanziosi crediti fiscali.
La norma che li garantisce è del 1980 e se n’è persa la memoria a 32 anni di distanza: gli unici che la ricordano bene sono i grandi fiscalisti che consigliano le imprese quando devono investire. Come nel caso del nuovo investimento nel Paese sudamericano del gruppo torinese. Un sito produttivo che dal 2014 dovrebbe impiegare 4.500 lavoratori nella città di Goiana, in quel Nordeste raccontato mirabilmente dallo scrittore Jorge Amado.
“Sono felice che il ministro Passera, andando in Brasile, si sia reso conto dei grandi risultati della Fiat in quel Paese. Certamente non gli sarà sfuggito che il governo brasiliano sia particolarmente attento alle problematiche dell’industria automobilistica. Sono sicuro che il Ministro sappia che le case automobilistiche che vanno a produrre in Brasile possono accedere a finanziamenti e agevolazioni fiscali“, aveva detto Marchionne il 21 settembre in risposta alle esternazioni del ministro dello Sviluppo economico di rientro dal Paese sudamericano e riferendosi ai corposi aiuti ricevuti in loco.
Passera, però, potrebbe non essere altrettanto felice. Per capire perché bisogna fare un passo indietro al 1980, quando in sede Ocse Italia e Brasile firmarono una convenzione bilaterale (n. 844 del 29/11/1980) per evitare le doppie imposizioni sui redditi, compresi quelli d’impresa tipo l’odierna Ires. Ovvero, quando sugli utili prodotti in Brasile vengono pagate le tasse, è dovuto un credito d’imposta d’uguale ammontare in Italia quando questi vengono rimpatriati in modo che le tasse siano pagate dall’azienda una sola volta. “Non ci sarebbe nulla di strano in questo”, dice una fonte dell’amministrazione finanziaria italiana che preferisce mantenere l’anonimato. “Se non fosse che questa convenzione stabilisce, convenzionalmente, che l’imposta brasiliana è sempre da considerarsi pagata con l’aliquota del 25 per cento dell’ammontare lordo soggetto all’imposta (15 per cento sui dividendi). E quell’aliquota può essere dedotta anche se, come spesso è accaduto in passato, le società italiane in Brasile raggiungevano accordi per non pagare nessuna tassa sugli utili, almeno per un tot di anni”.
Perché una norma che concede comunque un credito fiscale su utili lordi che in Brasile non sono tassati ? “Non bisogna dimenticare che la norma dell’80 (entrata in vigore nel 1982, ndr) nasceva dall’esigenza di aiutare un Paese arretrato. Una semplice compensazione di tasse già pagate non sarebbe stata un incentivo potente ad investire lì. La strategia di riconoscere comunque il 25 per cento consente allo stato sudamericano di giocare sul differenziale con la tassa effettivamente imposta, che incasserà poi l’impresa italiana dallo Stato italiano”.
Non a caso Marchionne, nel commentare il nuovo sito di Goiana non parlava solo di “finanziamenti sino all’85 per cento su un investimento complessivo di 2,3 miliardi di euro”, ma diceva anche che “a questi si aggiungeranno benefici di natura fiscale, quando sarà avviata la produzione di automobili, per un periodo minimo di 5 anni”. Il manager italo-canadese dimentica di ricordare, però, che quei benefici raccolti in loco per chi si trasferisce, raddoppiano con i crediti fiscali in patria.
Un accordo simile era stato siglato anche con lo Stato di Singapore, ma proprio ad agosto di quest’anno i Parlamenti dei due Paesi hanno acconsentito alla modifica di questo meccanismo di crediti che sparirà una volta che il trattato sarà ratificato (in Italia serve la firma del Presidente della Repubblica). Nel bilancio consolidato 2011, l’ultimo approvato, Fiat ha iscritto crediti fiscali per attività correnti per ben 369 milioni di euro, di cui 367 derivanti da attività industriali senza specificare ulteriormente da quali attività arrivino.
La società, contattata per avere un riscontro, ha detto che la quota riguardante le attività brasiliane è pari al 15% del totale, indicandola poi in una cinquantina di milioni, che si incrementeranno quando nel 2014 entrerà in funzione anche il nuovo stabilimento. Tuttavia a Marchionne questi aiuti non sembrano bastare, perché dopo aver affermato che gli stabilimenti italiani (che resteranno aperti) dovranno lavorare per gli Usa ha chiesto al governo anche di “cambiare il fisco per favorire l’export”.
Intanto, per dare un’idea delle potenzialità della vecchia legge, è utile sfogliare anche il bilancio 2011 di Telecom Italia, altra società con una presenza importante Oltreoceano. Il gruppo di telecomunicazioni ha accumulato bel 147 milioni di euro di crediti d’imposta dalle attività brasiliane, su 155 crediti fiscali complessivi. Fiat in Brasile ha prodotto 772mila auto nel 2011, più di quelle prodotte in Italia, e la sua presenza produttiva abbraccia oltre all’assemblaggio anche Powertrain (motori), Magneti Marelli, Teksid eccetera per un fatturato consolidato pari a 9,8 miliardi di euro abbondanti. Senza considerare i camion Iveco, ormai in Fiat Industrial.
E il dato è destinato a salire. Secondo i dati diffusi ieri, infatti, il Lingotto nel mese di ottobre ha aumentato la sua quota nel mercato brasiliano fino al 23,1%, quando ha immatricolato 80.799 automobili e commerciali leggeri, crescendo del 41,4% rispetto a ottobre del 2011. Con questo risultato, la Fiat riporta vendite per 692.428 unità da gennaio a ottobre, con una crescita del 11,9% sullo stesso periodo del 2011, quando sono state vendute 618.833 unità. In pratica Torino sta crescendo più del mercato brasiliano, che è progredito del 7,2% in confronto all’anno scorso, con 2,99 milioni di automobili e commerciali leggeri commercializzati tra gennaio e ottobre del 2012.
Articolo Precedente
La convenzione Italia-Brasile che attira investimenti Oltreoceano
Articolo Successivo
Marxionne e l’esercito industriale di riserva
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Cronaca
Papa Francesco, la Sala stampa del Vaticano diffonde la prima foto dal giorno del ricovero. L’Angelus: “Sto affrontando periodo di prova”
Mondo
Ucraina, l’inviato Usa: “Distanze ridotte tra Russia e Kiev”. Zelensky cambia il capo di Stato Maggiore e annuncia il missile Long Neptune: può colpire Mosca
Mondo
Israele, Netanyahu licenzia il capo dei servizi interni: “Mancanza di fiducia”. Ma lui: “Ragioni politiche”
Damasco, 16 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Difesa siriano ha accusato domenica il gruppo libanese Hezbollah di aver rapito e ucciso tre soldati in Libano. Lo hanno riferito i media statali.
"Un gruppo della milizia di Hezbollah... ha rapito tre membri dell'esercito siriano al confine tra Siria e Libano... prima di portarli in territorio libanese ed eliminarli", ha affermato il ministero della Difesa, citato dall'agenzia di stampa Sana.
Tel Aviv, 16 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano ha dichiarato che un colpo d'arma da fuoco proveniente dal Libano ha colpito un veicolo all'interno di un centro residenziale nel nord di Israele. "Stamattina, uno sparo ha colpito un veicolo parcheggiato nella zona di Avivim. Non sono stati segnalati feriti. Lo sparo è molto probabilmente partito dal territorio libanese", ha affermato l'esercito in una dichiarazione. "Qualsiasi fuoco diretto verso Israele dal territorio libanese costituisce una palese violazione degli accordi tra Israele e Libano", ha aggiunto l'esercito.
Kiev, 16 mar. (Adnkronos/Afp) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sostituito il capo di stato maggiore delle forze armate, con un decreto emesso oggi, mentre le truppe in prima linea di Kiev continuano ad essere in difficoltà. Secondo un comunicato, Anatoliy Bargylevych è stato sostituito da Andriy Gnatov, a cui "è stato affidato il compito di aumentare l'efficienza della gestione".
"È un combattente", ha detto Zelensky parlando di Gnatov. "Il suo compito è quello di apportare maggiore esperienza di combattimento, l'esperienza delle nostre brigate nella pianificazione delle operazioni, difensive e offensive, nonché uno sviluppo più attivo del sistema dei corpi d'armata", ha aggiunto. "Tutto ciò che le nostre brigate hanno imparato dalla guerra dovrebbe essere implementato al cento per cento a livello di pianificazione".
Washington, 16 mar. (Adnkronos) - Un uomo di 45 anni è stato dato alle fiamme nel bel mezzo di Times Square, a New York, la scorsa notte. Lo ha riferito la polizia. Le immagini delle telecamere hanno immortalato il momento in cui l'uomo, a torso nudo e gravemente ustionato, è stato trasportato d'urgenza dalle autorità in ambulanza dopo che le fiamme erano state spente.
La polizia afferma che il 45enne è stato soccorso alle 4 del mattino ed è stato portato in un ospedale vicino in condizioni stabili. Il suo aggressore sarebbe fuggito dalla scena ed è ricercato dalle autorità. Non sono state in grado di dire se l'attacco fosse casuale o mirato.
Gli investigatori hanno riferito che l'uomo era stato cosparso con un liquido infiammabile prima che qualcuno appiccasse il fuoco. La vittima, avvolta dalle fiamme, si era messa poi a correre, quando qualcuno è uscito da un'auto e ha spento il fuoco con un estintore a polvere.
Skopje, 16 mar. (Adnkronos) - La Macedonia del Nord ha dichiarato un periodo di lutto nazionale di sette giorni per l'incendio in una discoteca che ha causato almeno 59 morti e decine di feriti, mentre le autorità hanno arrestato 15 persone per interrogarle e il ministro degli Interni ha affermato che un'ispezione preliminare ha rivelato che il club stava operando senza la licenza necessaria.
Al termine di una giornata in cui il piccolo Paese balcanico è stato alle prese con un disastro mai visto da decenni, il ministro degli Interni Panche Toshkovski ha dichiarato che il club nella città orientale di Kočani, dove si è verificato l'incendio prima dell'alba, sembrava operare illegalmente.
Più di 20 persone sono sotto inchiesta, 15 delle quali sono sotto custodia della polizia, mentre altri sospettati di coinvolgimento si trovano in ospedale, ha aggiunto Toshkovski. La maggior parte delle vittime dell'incendio, che ha devastato il nightclub Pulse durante un concerto hip-hop, erano adolescenti e giovani adulti. Circa 155 sono rimasti feriti, molti in modo grave.
Mosca, 16 mar. (Adnkronos) - Il desiderio della Gran Bretagna di rubare i beni russi è legato alla lunga tradizione inglese della pirateria, diventata un segno distintivo della corona britannica insieme a "rapine e omicidi". Lo ha affermato la portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova.
"Questa è una delle tradizioni inglesi, come bere il tè e le corse di cavalli. Il fatto è che la pirateria è stata legalizzata in Inghilterra", ha scritto la diplomatica sul suo canale Telegram. "Ai pirati era proibito attaccare le navi inglesi, ma era loro permesso derubare le navi dei concorrenti. Moralità immorale".
Beirut, 16 mar. (Adnkronos) - I media libanesi riferiscono di un morto in un attacco aereo israeliano nella città meridionale di Aainata. Ulteriori raid sono stati segnalati a Kafr Kila. Non ci sono commenti immediati da parte delle Idf.