Riparare lo stadio di Tokyo, sovvenzionare una fabbrica di lenti a contatto, proteggere la pesca delle balene dagli attacchi degli ambientalisti. Sono questi alcuni dei progetti finanziati con i soldi per la ricostruzione, secondo quanto rivela il Guardian, mentre 325mila giapponesi vivono ancora in abitazioni precarie
Lo tsunami continua a travolgere il Giappone. A distanza di più di un anno dal disastro ambientale il 25 per cento dei fondi per le ricostruzioni è stato speso in progetti non connessi con il terremoto e metà del budget governativo previsto per far fronte all’emergenza non è ancora stato assegnato, nonostante 325mila persone vivano ancora in strutture temporanee.
Un quarto dei 91 miliardi di sterline assegnato alla ricostruzione nelle aree devastate, riporta il Guardian, è stato speso per progetti non collegati al disastro. La metà del budget previsto invece non è stata ancora distribuita a causa di ostacoli burocratici e indecisioni. L’opinione pubblica in Giappone è scossa da questa situazione e protesta perché la ricostruzione sta richiedendo troppo tempo. A più di 18 mesi dal disastro, infatti, 325mila persone sono state costrette a fuggire dalle zone contaminate di Fukushima e vivono ancora in aree provvisorie.
Tra i progetti più disparati finanziati con i fondi per lo tsunami emergono le strade ad Okinawa per 500 milioni di yen, 330 milioni di yen per riparare lo stadio sportivo di Tokyo, 10,7 miliardi di yen per una organizzazione di ricerca sul nucleare e diverse sovvenzioni per una fabbrica di lenti a contatto. Ulteriori finanziamenti (500 milioni di yen) sono andati al ministero della Giustizia per acquistare attrezzature per i penitenziari mentre 2,3 miliardi di yen sono stati spesi per proteggere la pesca giapponese delle balene dagli attacchi del gruppo di conservazione marina Sea Shepherd.