Solo tre su dieci ce la fanno. A convincere le banche ad accendergli un mutuo. In altri tre casi la richiesta è respinta, con motivazioni diverse; mentre in quattro viene imposto, a vario titolo, un supplemento di istruttoria. E’ quanto emerge da un’inchiesta dell’Adnkronos, che ha presentato a dieci banche la richiesta per la concessione di un finanziamento da 100mila euro a 30 anni, con la busta paga di un dipendente che guadagna 2.200 euro nette al mese.
In sostanza, sempre più spesso, le aspirazioni di chi chiede un mutuo si fermano all’istruttoria preliminare, prima ancora che si arrivi alla fase decisiva, quella della perizia sull’immobile. I tempi sono lunghi, si moltiplicano le richieste di informazioni e i parametri cambiano in continuazione. La bocciatura della pratica o la richiesta di ulteriore documentazione è legata nella maggior parte dei casi al rapporto fra l’importo da finanziare, il reddito dichiarato e il valore dell’immobile. Un rapporto che varia da banca a banca e che, in due casi, cambia più volte nel corso dei contatti con la stessa banca.
I risultati sono coerenti con una prassi, quella degli istituti di credito di concedere il minor numero possibile di mutui, che sembra ormai essersi consolidata. E che trova riscontro anche nei numeri. Secondo l’Istat, nel primo trimestre 2012 i mutui (92.415 in totale) sono crollati, diminuendo del 49,6% rispetto al primo trimestre 2011. E allargando l’analisi agli ultimi anni, il trend non cambia. In quattro anni, dal 2008 al 2011, questa volta secondo uno studio di Bankitalia, il numero di mutui concessi dalle banche per l’acquisto di abitazioni è diminuito di oltre il 20% rispetto al quadriennio 2004-2007.
Le banche, evidentemente, ritengono in questa fase svantaggioso concedere mutui. A spiegare una scelta che in altri tempi sarebbe incomprensibile è la crisi di liquidità che, ormai da quattro anni, sta colpendo il sistema bancario. Per gli istituti di credito è diventato molto più redditizio fare trading sui titoli di Stato, prendendo soldi dalla Bce all’1% investendoli in titoli di Stato più remunerativi, che non “disperdere” liquidità nell’economia reale, a imprese e famiglie, attraverso l’erogazione di finanziamenti e mutui.
“Ci sono comunicazioni interne, anche scritte, per veicolare un messaggio piuttosto semplice: fate pochi mutui“, ha confessato all’Adnkronos uno dei responsabili retail di una delle principali banche italiane che, per ovvie ragioni, preferisce restare anonimo. “Basta una clausola diversa, un termine anticipato o un tetto alzato di poche migliaia di euro, magari con disposizioni temporanee e facilmente occultabili in caso di necessità, per decretare il fallimento di un’istruttoria di mutuo”, ha spiegato il manager. E’ evidente che, come se è facile intervenire sulla singola pratica, è altrettanto facile intervenire anche a livello di flussi. “Se poi questo meccanismo si applica tenendo conto della tipologia di pratiche che abitualmente arrivano alla stipula, è facile comprendere come regolare il flusso di nuovi mutui sia per la banca semplice come aprire o chiudere un rubinetto”, ha osservato il dirigente di banca.
“Non te li danno e se te li danno hanno costi elevatissimi”, commenta Rosario Trefiletti, presidente di Federconsumatori. “Non danno mutui a nessuno, i risultati dell’indagine sono assolutamente in linea con le migliaia di segnalazioni che riceviamo da parte dei cittadini”, spiega, evidenziando che “c’è un credit crunch grave nei confronti delle famiglie”. Non solo. Quando un mutuo viene concesso “si paga uno spread elevatissimo alla banca, considerato che il costo del denaro è praticamente a zero, e si paga complessivamente un costo che è dello 0,8-0,9% più alto della media europea”, aggiunge.