Usiamo spesso questi due termini come sinonimi, e possiamo quindi dire in senso intercambiabile “in questo periodo ho tanti problemi” oppure “in questo periodo ci sono tante difficoltà”. Ma ci può essere utile notare la differenza.

Le difficoltà sono quotidiane: posso vivere con difficoltà perfino l’alzarmi molto presto alla mattina; ce la faccio, con un po’ di fatica. Diventa un problema quando ad esempio mi dico, dentro di me: “dovresti alzarti vispa e grata del nuovo giorno che ti si offre! Dovresti metterci più entusiasmo ed energia!”

Nel confrontare l’esperienza di come mi sento in questa situazione con la mia aspettativa di una “me stessa ideale” problematizzo la mia difficoltà ad alzarmi molto presto. Posso arrivare ad attribuire significati tali da credere di aver bisogno di un aiuto terapeutico (“forse sono depressa”) per risolvere “il mio problema”, quello che ho prodotto confrontando la mia percezione di me stessa con la mia idea di come “dovrei-essere”.

Più “mi sforzo” di sentirmi come “dovrei”, più sentirò la stanchezza, a cui si aggiunge un senso di inadeguatezza. La società e la pubblicità ci inviano messaggi continui su quel che è “normale” e desiderabile. E’ quindi facile sentirci inadeguati e non corrispondenti agli standard, a volte impliciti, che ci vengono suggeriti.

La diffusione della depressione nelle nostre società occidentali ne è forse sia un segno che una conseguenza – ne parla Alain Ehrenberg nel suo “La società del disagio”. La realtà di tutti i giorni abbastanza spesso non è come ci auguriamo, è imperfetta – almeno se ci sono esseri umani a usare i loro concetti per confrontarla, nella loro mente, con versioni della realtà migliori e “ideali”. Ma fare questo confronto senza alzarci per fare qualcosa attivamente ci fa sentire impotenti a vivere la vita che vogliamo vivere. E invece di servirci per progettare i (piccoli?) passi utili per realizzare il nostro ideale, questi confronti ci deprimono. A volte lo esprimiamo lamentandoci, il modo forse meno attivo di esprimere disaccordo e disagio, producendone a nostra volta. Nel farlo infatti ci impediamo di sentire e utilizzare le risorse che pure abbiamo – se siamo ancora in vita significa che in qualche modo ce l’abbiamo fatta fino ad oggi.  

Le idee ci servono per progettare il nostro intervenire sulla realtà; e sono tanto più utili quanto più sono diverse dalla realtà percepita.

Mi pare importante differenziare tra difficoltà e problemi, dunque, per riappropriaci delle nostre risorse ed accorgerci di averle. Gramsci diceva: “studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”.

La povertà e la disuguaglianza nel mondo, il nostro impatto sull’ambiente globale, le armi nucleari e non – questi tre punti mi sembrano veri problemi, non semplici difficoltà.
Possiamo insieme immaginare un mondo in cui li avremo risolti; dal punto di vista tecnico è possibile. Dal punto di vista esistenziale abbiamo bisogno di accorgerci della forza delle nostre risorse unite.

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