Scuola

Morire di precariato: suicidio di Stato

Carmine, era uno di noi. Uno di noi precari che ha scelto con un atto coraggioso di andarsene perché per togliersi la vita ci vuole una forza incredibile. Sulla sua bacheca facebook, il 22 ottobre aveva scritto: “Oggi dovrei essere gioioso perché ho conseguito la laurea specialistica ma sono triste perché il ministro Profumo ci sta distruggendo il futuro…siamo precari a vita ammettendo di essere fortunati”.

Diciamoci la verità: quante volte noi maestri precari a 40, 43, 50 anni abbiamo pensato e scritto le stesse cose di Carmine sulle nostre bacheche facebook, su twitter, ai nostri colleghi, in lettere rimaste senza risposta inviate al ministro Francesco Profumo o in missive mandate a Giorgio Napolitano che risponde (non certo lui ma un triste impiegato della Presidenza) con lettere già fatte, tutte uguali. Ma diciamo qualcosa in più, sveliamo quello che sta dentro di noi senza vergogna.

Facciamolo per Carmine, prima che qualche politico di turno o qualche opinionista del caso scriva che si tratta comunque di un caso isolato: quante volte qualcuno di noi precari ha pensato di farla finita. Troppe. Carmine aveva lottato come noi. Con le armi che abbiamo a disposizione: il 13 ottobre aveva firmato la petizione on line “No alle cattedre di 24 ore” scrivendo: “E’ una vergogna…ma la colpa credo non è del ministro Profumo parafulmini la cui intenzione è quella di essere servile e di ricevere il contentino per essere stato solo un parafulmini. La colpa è di quelli che da anni lavorano dietro le quinte per distruggere la scuola.

Ma ciò che è più vergognoso è che un ex dirigente quale Valentina Aprea è colei che sta sfasciando tutto…auguro un altrettanto futuro come il nostro, ai figli o ai nipoti così conserveranno un buon ricordo di lei”. Da settembre aspettava, come negli ultimi vent’anni, come per tutti noi insegnanti precari, la chiamata per un incarico: “Come me – mi scrive un suo collega e amico – era della classe di concorso 025, disegno e storia dell’arte. Ha pagato la devastante soppressione delle sperimentazioni. La storia dell’arte è stata eliminata sia dal socio pedagogico che dal turistico”.

Forse chi siede al Ministero non s’accorge ma dietro queste cancellazioni ci sono vite, come quella di Carmine con due figli e una moglie. Quanti Carmine conosco. Qualche giorno fa una collega con in braccio un bambino disabile grave mi ha detto: “Pensa che è la prima volta che faccio sostegno. L’ho dovuto fare. Non ho la specializzazione e mi hanno affidato questo caso senza dirmi niente. Tra un po’ so che si farà la pipì addosso e dovrò cambiarlo e da quando ho iniziato a lavorare non mi hanno ancora pagato”. Le ho chiesto perché lo faceva: “Perché non posso fare a meno di non lavorare. Mi serve questo stipendio. Non basta quello di mio marito”.

Ma vogliamo dirla tutta: chissenefrega, penserà chi sta seduto ai vertici. Ai funerali di Carmine solo gli amici, non certo il ministro della Pubblica istruzione. Gli stessi amici che domenica mattina hanno portato un fiore in viale Trastevere. I precari di tutt’Italia che per un giorno hanno cambiato l’immagine del loro profilo mettendo una candela. Sul profilo facebook di Carmine il nipote scrive: “In nome della famiglia vi chiedo di non abbandonarci. Fatevi sentire, mio zio deve essere la scintilla che fa cessare questo scempio perché nessuno me lo ridarà indietro”.

Non c’è dubbio questo è un suicidio di Stato. Lo dicono i precari che scrivono sulla bacheca di Carmine: “Non dobbiamo scusarci noi ma lo stato lo deve, essendo l’unico colpevole”; “A scuola chiediamo un minuto di silenzio per Carmine, vittima di questa scuola e governo che preclude ogni possibilità ai precari”. Ma questo suicidio di Stato deve servire.

Alex Langer, prima di suicidarsi, lasciò ai familiari e agli amici un breve biglietto, prima di suicidarsi, che recitava: «non siate tristi, continuate in ciò che era giusto».