Esiste una bella iniziativa che ritengo debba ricevere quanta maggiore attenzione possibile. Ma come spesso accade quando si parla di disabilità grave, è difficile buttare giù il muro dell’informazione reale. Noi, con i nostri figli tentiamo ogni via (inclusa quella della comunicazione) per far conoscere.
Siamo lì in prima linea ad aprire la porta di casa nostra pur di tendere e ricevere la mano dell’inclusione. E spesso il prezzo è molto alto. Mi capitò una volta di partecipare ad una trasmissione tv dove avrei dovuto parlare dell’importanza della conoscenza di ciò che ci circonda, e nello specifico cercare di far capire che la cerebro lesione non è un virus contagioso. Mi arrabbiai molto perché fu in realtà una vera beffa. Immagini pietose per accendere i cuori più ipocriti e insensibili. Ebbene si. Nel 2012 ancora in molti emarginano Diletta perché pensano che i loro figli possano ricevere un trauma standole accanto. Diciamolo! Siamo ancora a questo punto.
Noi madri, e più in genere, noi famiglie siamo una stampante multifunzione che a seconda della giornata e dell’orario assumiamo la funzione desiderata. O meglio: la funzione necessaria .
Al mattino siamo infermiere, badanti, assistenti che coordinano le carenze della gran parte dei servizi pubblici. Quelle “organizzazioni” che dovrebbero fornire aiuto, spesso si traducono in infinite pratiche burocratiche che siamo comunque costretti ad eseguire per necessità reali. Le nostre necessità in pochi le conoscono. Chi davvero immagina cosa significhi la parola accudimento quotidiano? I più sensibili possono porsi la domanda. Ma solo che ci passa sa davvero di cosa parlo. Tutti tendono a pensare che si esageri. Forse perché sono certi che mai toccherà loro. Forse perché non si immaginano al nostro posto e preferiscono non vedere.
I nostri figli vanno a scuola. E noi in quelle ore siamo a combattere per la programmazione, per l’inclusione, per le ore di sostegno, per quelle di AEC. Pochi giorni fa, un medico mi ha detto: “Signora, la verità è che nessuno ci crede! Questi insegnanti sono i primi a non saper gestire una disabilità di questa portata“. Fortunatamente esistono realtà diverse. Ma sono troppo poche.
Ci siamo spinti su cosa voglia dire la parola intelligenza. Intelligere. Bel valore intrinseco, se non fosse ignoto ai più. Così la professoressa di matematica spiega il prisma e afferma fiera che Diletta non può svolgere quei calcoli. Ed ha ragione. Però lei si limita a spingerla fuori dalla sua aula e confinarla nell’aula di sostegno. Non è in grado di proporre il prisma nella sua funzione concreta. Non è in grado di tradurre quella nozione in una realtà a portata di una intelligenza naturale senza sub strato.
Solo alcuni esempi di parti di giornata per spiegare che appoggio e approvo la mozione nata per il riconoscimento della figura del care giver.
Noi famiglie siamo costrette a diventare una prolunga dei nostri cari. Ad armarci di pazienza, di sangue freddo, di autostima pur di combattere una guerra impari. Il tutto costa allo Stato e tanto. Combatto per l’assistenza indiretta e per tutte quelle forme di delega ufficiale controllate dal Pubblico Ufficio. Renderebbero maggiori servizi a costi contenuti e nel contempo alzerebbero la qualità della vita di tutto il nucleo coinvolto. Il che avrebbe un risvolto sociale favorevole anche per chi è lontano dalla disabilità.
Recentemente tanti malati di SLA hanno dovuto mettere in atto uno sciopero della fame per essere ascoltati. Ed io, nella mia briciola di mondo, non ho trovato il coraggio per parlarne. Ho temuto per la loro vita e ho imprecato pensando a chi si è abbuffato sulle loro spalle.
Il riconoscimento della figura del care giver fornirebbe tante risposte. Tornerò a parlarne. In realtà per ogni singolo momento della nostra vita, essere riconosciuti finalmente per ciò che siamo, darebbe una spinta in avanti verso l’inclusione e la civiltà.
Vi propongo il blog che è stato attivato: http://la-cura-invisibile.blogspot.it/2012/10/faq-sul-riconoscimento-giuridico-ed.html#comment-form