Auguri al Circolo Perini, che ha compiuto 50 anni a Milano, festeggiati sabato scorso nella Sala Alessi di Palazzo Marino, assieme al suo presidente e fondatore, Antonio Iosa. Per capire il Perini bisogna capire il posto dove, nel 1962, è nato: Quarto Oggiaro. Un quartiere dormitorio, come si diceva allora, sorto alla periferia nord di Milano. Un quartiere popolare in cui affluirono, nei primi anni Sessanta, molti immigrati dalle regioni del Sud, o famiglie che già stavano a Milano, ma senza una casa decente, oppure con uno sfratto pendente sulla testa.
Certo, era un insieme di casermoni popolari, all’inizio senza servizi. Eppure, per chi ci arrivava, Quarto Oggiaro era una conquista, un salto sociale. Era la prova tangibile di quel riformismo ambrosiano che seppe accogliere migliaia di persone e far crescere la città. In seguito, di riformismo si è molto parlato, ma per lo più a sproposito. Anno magico, il 1962. Anno della crisi dei missili a Cuba, di voglia di pace e paura della guerra, una paura che assumeva i contorni di un incubo nucleare. Anno in cui incisero il primo disco i Beatles, i Rolling Stones, Bob Dylan… Il mondo era quello di tipi strani come Bob Kennedy, Nikita Kruscev, Papa Giovanni, che cominciarono a far parlare di “disgelo”, di “dialogo”, di fine della guerra fredda.
In questo contesto – la Chiesa del Concilio ecumenico Vaticano II, il dialogo tra cattolici e marxisti, l’avvio del centrosinistra – un signore proveniente dalla Puglia, Antonio Iosa, iniziò la sua attività culturale, lanciò la sua sfida: fare incontri, dibattiti, mostre, cineforum. A Quarto Oggiaro, un quartiere che allora era chiamato “Corea ”, o “Barbon City”.
Il Perini, nato nei fermenti degli anni Sessanta, diventa centrale nella vita del quartiere un decennio dopo, dentro i conflitti dei Settanta. Iosa è democristiano, ma un democristiano del dialogo. Pensa a far incontrare e dibattere personaggi che hanno qualcosa da dire, non a raccogliere voti o clientele. Diventa così un punto di coagulo. Tutti devono fare i conti con lui e con le sue iniziative, magari per contestarle, per venire a manifestare rumorosamente contro qualche invitato sgradito o piduista. Era la dura dialettica di anni in cui le ideologie diventavano scontro e passione. Qualcuno però era oltre, il conflitto lo viveva come pura violenza. I fascisti assaltano la sede del Perini. Le Br sparano alle gambe al suo fondatore. Iosa va avanti, pur tra mille difficoltà. Mai cade nell’intellettualismo. Mai cede alla cultura della tv, che negli Ottanta fa rinchiudere in casa la gente. Propone temi, stimola riflessioni, invita personaggi, organizza mostre e concorsi. Non molla, malgrado le difficoltà. Pochi soldi, molte incomprensioni, le conseguenze infinite, fisiche, dell’attentato subito dalle Br. Resiste da 50 anni.
Che il vento nuovo della “rivoluzione arancione” possa dargli carburante per far marciare la macchina ancora a lungo.
Il Fatto Quotidiano, 1 Novembre 2012