Poco tempo fa ho assistito ad una interessante intervista televisiva ad un noto politologo, il quale ha espresso le proprie perplessità (e preoccupazioni) sul futuro democratico del Paese, se il Movimento 5 Stelle dovesse avere la maggioranza: la mancanza di competenze tecniche e di esperienza, a suo avviso, rappresenterebbe un rischio per la gestione della cosa pubblica.
In disparte ogni considerazione sul fatto che gli slogan contro “i professionisti della politica” (oggi evidentemente al potere) erano qualche anno fa molto apprezzati proprio da chi oggi sostiene il contrario (fu il mantra ripetuto ossessivamente al momento dell’ingresso in politica dell’allora “nuovo” leader Berlusconi), dal punto di vista tecnico credo che non si possa davvero sostenere una simile tesi.
Infatti – è banale ma va ricordato – non esiste alcuna norma che prevede requisiti di esperienza politica pregressa (e nemmeno specifiche competenze!) per fare il ministro o il parlamentare. È una delle regole fondamentali della nostra democrazia, come concepita, scritta e voluta dai padri costituenti.
Il dibattito, allora, va più correttamente spostato sul piano della mera opportunità, non su quello delle regole.
In proposito, non va però dimenticato che i Governi italiani, da molti decenni, sono stati rappresentati da persone in gran parte prive di competenze (giuridiche o politiche) specifiche (ingegneri, veline, medici, ecc.), che hanno potuto governare grazie alla competenza tecnica dei propri collaboratori: capi di ufficio legislativo, capi di gabinetto, segretari particolari, sottosegretari. La politica dà l’indirizzo, il vertice tecnico traduce la scelta politica in norme e provvedimenti. Funziona così, volenti o nolenti.
Se è sempre stato così, allora, perché il Movimento 5 Stelle (o quello dei “forconi” o qualunque altra lista civica) non dovrebbe essere capace di governare? Il problema, semmai, si sposterebbe sulla necessità di scegliere dei tecnici seri, competenti, indipendenti, nuovi e liberi, in grado di offrire le proprie competenze al servizio della Repubblica senza condizionamenti o doppi fini.
Va anche evidenziato che tutti i passati Governi hanno avuto una forte continuità nella scelta dei tecnici di maggior peso, tanto da aver indotto qualcuno a parlare di vero e proprio governo-ombra. Tanto per fare un esempio, i ministri Tremonti e Di Pietro – che all’elettore potrebbero apparire agli antipodi – hanno scelto la stessa persona nel ruolo tecnico di maggior peso: il capo di gabinetto Vincenzo Fortunato. Da sempre, inoltre, i posti chiave sono stati occupati per lo più da persone reclutate nel Consiglio di Stato e nell’Avvocatura dello Stato, sovente le stesse al servizio dei governi di diverso colore.
La vera novità sarebbe quindi quella di affiancare ai politici, chiunque essi siano (e che, senza alcuna ragione di allarme, non sono in genere dotati di una grande competenza sulle materie dei rispettivi ministeri), scegliessero dei tecnici realmente nuovi, mai visti, fuori dalle vecchie logiche.
Fossi in quel politologo, rifletterei più su questo, piuttosto che sulla indubbia (ma fino a poco tempo fa considerata un valore) inesperienza politica del M5S a fronte dei “professionisti della politica” oggi ai vertici del potere.