“Io ho scelto di accudire Paolo per non lasciarlo solo di fronte a questo orrore“. Essere vivo in un corpo morto, questo è l’orrore, che la medicina chiama sclerosi laterale amiotrofica, una malattia subdola, umiliante, che ti lascia cosciente in un organismo che non puoi più muovere. Non un passo, non un boccone di pizza, non una parola, non un dito sulle corde del violino nel caso di Paolo Di Modica, musicista affermato, fermato nel 2007 da una diagnosi “gettata in faccia” nel corridoio di un ospedale romano. “Proprio quando stavamo per trasferirci in America, lui per un master, io per un Phd”, racconta Maria. Che nella vita, quella precedente, faceva l’insegnante, e invece in questa si ritrova a fare la moglie di un malato di Sla.
UNO DI QUELLI che il 21 ottobre scorso sono entrati in sciopero della fame contro un governo tecnico che promette da sette mesi, ma non trova 300 milioni di euro da destinare al fondo per la non autosufficienza dei disabili gravi. “Adesso io comincio a respirare – racconta Maria – dopo un’estate infernale in cui Paolo non riusciva a dormire la notte. Io ero talmente stravolta che spesso mi aggiravo in casa tutto il giorno in camicia da notte e la sera urlavo nel letto per i dolori alle ossa. Poi siamo stati in un centro riabilitativo delle colline bolognesi. E lì siamo rinati. Paolo ha addirittura ricominciato a mangiare le bistecche”. Adesso Maria si alza presto, fa colazione e aspetta l’arrivo di Tania, la ragazza che aiuta Paolo fino alle 16. “Insieme lo facciamo alzare e gli facciamo la doccia”. In due, una lo sostiene l’altra lo lava. Paolo non ce la fa a stare in piedi, neanche sorreggendosi da qualche parte. Il suo corpo è rigido e senza forze. “Paolo fa colazione con Tania e io ho un’ora d’aria”. Maria non insegna più, ha dovuto mollare tutto per assistere il marito, ma non ha rinunciato a leggere, informarsi, fare ricerche. “O anche solo far la spesa, uscire a prendere quello che serve a lui”.
Il pranzo lo prepara lei, ma soprattutto è lei che fa mangiare “il musico impertinente”, come lo stesso Paolo si è definito sul suo blog. “I muscoli della deglutizione funzionano ancora bene, ma la lingua è ipotonica. Io lo aiuto con un dito per non fargli andare il cibo giù per la trachea. Perché quello sì che sarebbe l’inizio di una tracheostomia”. Che lui, lo ha già detto, non vuole. Alle 16 arriva un’altra persona a dare il cambio a Tania, perché Paolo non può mai rimanere da solo. “Cinque volte alla settimana viene il fisioterapista convenzionato con la Asl – racconta ancora Maria –, ma siccome non basta ne facciamo venire uno privato per altre due volte. Così come due giorni viene la logopedista”. Che, sommato ai due “badanti”, vuol dire un sacco di soldi tutti i mesi. “Io non lavoro più, perché non potrei essere a scuola la mattina alle 8, lasciando mio marito da solo. Così campiamo con la sua pensione, un piccolo contributo che ci arriva dal Municipio, ma soprattutto con il fondamentale aiuto della mia famiglia, che si fa carico delle spese correnti”.
PERCHÉ LA VITA, al di là della malattia, continua. “Ogni mese facciamo i conti al centesimo, per capire se ce la facciamo. Io sto pensando di reinventarmi, di trovare un lavoro che mi consenta di restare a casa, in modo da poter arrotondare”. Maria e Paolo, nella tragedia, sono fortunati, avendo gli strumenti – culturali, economici, psichici – per affrontare la Sla con la speranza di un futuro. “Quando incontro gli altri malati, rivedo nei loro occhi la mortificazione che ho visto in quelli di mio marito. La malattia ci ha colpiti un anno dopo il nostro matrimonio. Noi, prima, non stavamo mai a casa, giravamo il mondo per la musica, ci interessava l’arte, il cinema. Oggi la nostra finestra sul mondo è la televisione”. Quando arriva la sera, l’aiuto domestico se ne va, Maria e Paolo restano da soli. “Se lui sta bene, è il nostro momento delle coccole. Ci guardiamo un telefilm americano, parliamo di po- litica. Poi io prendo un vassoio e lavo i denti a mio marito. Gli metto il pigiama e lo porto a letto. Lo sollevo di peso e rimango con lui fino a quando non trova una posizione. Paolo vuole dormire accanto a me, nel letto matrimoniale. Di notte, quando va bene, si sveglia due o tre volte e mi chiede di fargli cambiare posizione. Poi arriva il mattino e si ricomincia daccapo”. In una giornata che è sempre la stessa, ma che il governo – se non troverà 300 milioni entro il 20 novembre – renderà peggiore. “È incredibile – conclude Maria –: i tagli sono stati fatti dal governo Berlusconi, il governo della Roccella che diceva di voler tutelare le famiglie e si scagliava contro la volontà di mettere fine alle sofferenze. Adesso i tecnici non sanno fare di meglio. Anzi, la Fornero piange. Mi sembrano bambini che non sanno quello che fanno”.
da Il Fatto Quotidiano del 4 novembre 2012