Il 6 novembre 2012 in California si gioca la libertà degli americani di sapere cosa mangiano ogni giorno.
Oltre che per il presidente degli Stati Uniti d’America, si vota la Proposition 37 , il Mandatory Labeling of genetically engineered food (2012), un referendum storico che chiede l’etichettatura dei cibi contenti Ogm.
Stando a fonti Usa le multinazionali coinvolte nel business Ogm hanno investito ad oggi 34 milioni di $ per spegnere la spinta popolare fuorviandola con false informazioni attraverso radio e televisioni. L’investimento che stanno facendo è comprensibile se si pensa che qualora la legge californiana rendesse obbligatoria l’etichettatura dei cibi contenenti Ogm in California, chi produce cibi contenenti Ogm dovrebbe sviluppare un mercato californiano separato, che potrebbe facilmente diventare l’apripista di tutti gli altri Paesi favorevoli all’etichettatura.
Di fatto sotto la spinta di oltre 400 associazioni, sono 23 gli Stati in cui la società civile si sta muovendo per chiedere l’etichettatura dei cibi processati contenenti Ogm, vanno sotto il nome di The Coalition of States for Mandatory GMO Labeling, la Coalizione comprende Arizona, California, Connecticut, Colorado, Florida, Hawaii, Idaho, Illinois, Iowa, Maine, Massachusetts, Minnesota, Mississippi, New Hampshire, New Jersey, New York, North Carolina, South Carolina, Oregon, Pennsylvania, Vermont, Virginia, e Washington.
La domanda di fondo è: perché se io non voglio mangiare cibi contenenti Ogm non ho la libertà di farlo? Perché per legge non è richiesto che venga menzionata in etichetta la presenza di Ogm?
Perché, se il 90% (è un dato comune dei sondaggi effettuati) dei cittadini americani chiede l’etichettatura dei cibi Ogm questa volontà non è minimamente presa in considerazione dal Senato americano? Per chi non lo sapesse lo scorso giugno il Senato Usa ha rigettato con 73 voti contrari e 26 favorevoli l’emendamento Sanders che richiedeva l’etichettatura dei cibi Ogm.
Non si tratta di prodotti di nicchia, ma del 88% del granoturco, del 94% della soya e dell’80% dei cibi processati.
Uno stato di cose che mi suscita una forte sensazione di prevaricazione, la stessa che ho provato quando solo nel 2002 ho realizzato che dal 1996 gli animali d’allevamento europei, tranne quelli biologici, potevano essere alimentati con mangimi Ogm e che quindi tutta la catena alimentare a seguire conteneva “un’eredità Ogm” senza che nessun acquirente ne fosse informato.
Eppure, come racconta il documentario Genetic Roulette di Jeffrey Smith, direttore dell’Institute for Responsible Technology, che da oltre 15 anni si occupa di diffondere informazioni sulla sicurezza degli alimenti geneticamente modificati, sono ben 65 le patologie che possono derivare da un’alimentazione Ogm.
Il contenuto del dvd tradotto ed pubblicato in Italia sotto il titiolo “Ogm rischi per la salute”, Arianna Editrice, attraverso la raccolta sistematica e meticolosa degli studi di scienziati e con testimonianze cliniche documenta problemi di salute che vanno dall’allergia all’asma, fino alle alterazioni genetiche, all’artrite e a malattie croniche.