In secondo grado confermate le assoluzioni per Bruno Bellomonte, Manolo Morlacchi e Costantino Virgilio e ridotte le pene per Massimo Riccardo Porcile e Bernardino Vincenzi. Restano gli otto anni e sei mesi a Gianfranco Zoja. Erano accusati dell'attentato alla caserma Vannucci di Livorno
Il processo d’appello ai presunti eredi delle Brigate Rosse si è concluso con alcune riduzioni di pena e alcune conferme delle sentenze di primo grado. La Corte d’assise d’appello di Roma, presieduta da Mario Lucio D’Andria, ha ridotto a cinque anni di reclusione la condanna per Massimo Riccardo Porcile che in primo grado era stato condannato a 7 anni e 6 mesi e a tre anni e sei mesi la pena per Bernardino Vincenzi che era stato condannato a 4 anni e 6 mesi. Sono state invece confermate la condanna a 8 anni e 6 mesi per Gianfranco Zoja e le assoluzioni per Bruno Bellomonte, Manolo Morlacchi e Costantino Virgilio. Un altro imputato, invece, Luigi Fallico, era morto per infarto nel maggio dello scorso anno mentre si trovava in carcere a Regina Coeli.
I reati contestati sono associazione sovversiva con finalità di terrorismo, violazione della legge sulle armi e ricettazione. Erano accusati di aver preparato l’attentato del 26 settembre 2006 alla caserma “Vannucci” di Livorno, firmato “Per il Comunismo Brigate Rosse”, e di aver organizzato un attentato in occasione del G8 della Maddalena, in Sardegna, poi svoltosi all’Aquila. Il procuratore generale Antonio Marini aveva sollecitato per tutti condanne che andavano dai 15 ai 6 anni di reclusione.