Mentre Fiat tratta col governo per gli aiuti all’export, l’Unione Europea mette in campo due miliardi di euro per finanziare le attività di ricerca e innovazione delle industrie automobilistiche europee. Proprio nel giorno in cui il Lingotto crolla in Borsa sotto la scure di Deutsche Bank e, in pieno scontro su assunzioni e licenziamenti, vince un premio a Pomigliano.
La strategia di Bruxelles per rispondere alla crisi del settore auto è stata messa a punto dopo mesi di consultazioni con i costruttori europei dell’Acea, l’associazione attualmente presieduta proprio dall’ad di Fiat, Sergio Marchionne e sarà presentata domani dal vicepresidente della Commissione Ue, Antonio Tajani. Lo sviluppo dell’auto verde, compresa quella elettrica, è uno dei quattro pilastri su cui poggia il piano.
Alle tecnologie innovative Tajani vuole destinare i due miliardi di euro che propone di stanziare nel bilancio Ue 2014-2020. A questi fondi si potranno aggiungere i prestiti della Banca europea per gli investimenti, destinati anche alle piccole e medie imprese. Il piano della Commissione punta anche a rafforzare il mercato unico attraverso regole comuni sulle iniziative che a livello nazionale possono essere messe in campo per sostenere industrie che in molti casi, come in Italia e Francia, stanno attraversando una difficile crisi.
Un modo, si sottolinea a Bruxelles, per evitare che si scateni una “guerra combattuta all’interno dell’Ue” attraverso incentivi erogati dai singoli governi. Per ridare competitività all’industria dell’auto si considera necessaria la conclusione di accordi equilibrati per l’apertura dei mercati internazionali, come ad esempio quello fatto – e tanto contestato da Fiat – con la Corea del Sud e quello ancora in discussione con l’India. Infine la necessità di introdurre ammortizzatori sociali che riducano l’impatto negativo delle ristrutturazioni industriali.
Intanto la Fiat, che oggi ha pagato con un crollo del 6,65% a 3,5 euro in Borsa il taglio della raccomandazione sul titolo di Deutsche Bank secondo la quale il Lingotto è da vendere, si consola con un paradosso. Lo stabilimento di Pomigliano d’Arco, al centro delle polemiche di questi giorni per l’annunciato licenziamento di 19 operai in cambio dell’assunzione dei 19 che l’azienda dovrà assumere per ordine del Tribunale, si è infatti aggiudicato il premio internazionale Automotive Lean Production 2012, uno dei più importanti a livello europeo.
Il processo di valutazione ha analizzato il sistema di produzione e la sua applicazione nello stabilimento, verificando che i principi della Lean Production, soprattutto nell’ambito della qualità, della manutenzione, della logistica e dello sviluppo delle persone, siano stati effettivamente applicati con coerenza e costanza in modo da creare un ambiente di lavoro che supporti in modo strutturato ed efficace il processo di miglioramento continuo e l’eliminazione sistematica degli sprechi.
Durante il congresso che ha accompagnato la premiazione, Michele Melchiorre, Global manufacturing engineering di Fiat Group Automobiles, ha illustrato la case-history dello stabilimento di Pomigliano, presentando le premesse (situazione e obiettivi), la metodologia (World Class Manufacturing) e i risultati ottenuti (elevata partecipazione dei lavoratori, crescita del consenso, aumento della flessibilità e della produttività) che nel suo giudizio rendono l’impianto riferimento di eccellenza all’interno del Gruppo Fiat.
”E’ un vero peccato che lo stabilimento di Pomigliano sia considerato in Europa un’eccellenza, ed in Italia, dove siamo abituati a ricordare il rapporto con Fiat guardando ai secoli addietro, non lo si riesca a considerare tale”, ha affermato il segretario generale della Uilm campana, Giovanni Sgambati, commentando l’assegnazione. “Il riconoscimento è un grande successo per i lavoratori di Pomigliano – ha aggiunto Sgambati – sarebbe bene che tutti in Italia considerino questo stabilimento come un’eccellenza che sa guardare al futuro, nonostante chi ha il prosciutto sugli occhi continui a negare l’evidenza dei fatti”. Nessun riferimento alla vicenda della petizione anti Fiom che gli operai delle altre sigle riassunti dall’azienda con il nuovo contratto sono stati costretti a firmare, come rivelato dal Fatto Quotidiano nei giorni scorsi.