Le decine di milioni di dollari dei colossi finanziari e petroliferi per finanziare il candidato repubblicano non sono bastate. Piange soprattutto il mondo della finanza, che aveva puntato sull'ex governatore del Massachussets per avere agevolazioni fiscali, stipendi più alti e regole meno severe
Qualcuno lo ha già definito l’investimento di lobby più fallimentare di tutti i tempi. Mitt Romney è stato sconfitto da Barack Obama, riconfermato presidente degli Stati Uniti, e le decine di milioni di dollari spese dai colossi finanziari e petroliferi per spingere la candidatura del candidato repubblicano non sono servite a nulla. A piangere è soprattutto il mondo della finanza, che aveva scommesso su Romney per avere agevolazioni fiscali, stipendi più alti e regole meno severe su investimenti, trasparenza delle operazioni e capitale di riserva.
Alcuni analisti, tuttavia, sono ottimisti sull’andamento di Wall Street nei giorni seguenti al voto, come è quasi sempre successo in passato, perché gli investitori sono comunque contenti di tornare a investire dopo avere rimandato le puntate più consistenti a causa della troppa incertezza. Un’ipotesi confermata dall’andamento al rialzo della Borsa di Tokyo in reazione all’esito delle elezioni, che ha poi limato i guadagni avvicinandosi alla chiusura.
Il traguardo più desiderato dalle grandi banche era l’annullamento promesso da Romney del Dodd-Frank Act, il nocciolo della legge di riforma della finanza varata da Obama e attuata solo in parte, che limita alle banche gli investimenti speculativi, riducendo i ricavi sul trading di circa il 25 per cento. Un’attività che vale il 44 per cento dei ricavi per Morgan Stanley ed è sempre più importante per Goldman Sachs, che con Obama ancora alla Casa Bianca, secondo il blog finanziario Seeking Alpha, perderà oltre metà dei ricavi relativi all’investment banking.
Romney, secondo il New York Times, aveva anche in programma di cambiare i leader degli organi di controllo sulla finanza, tra cui la Commodity Futures Trading Commission, per renderli più flessibili e meno severi nei confronti di hedge fund e banche. Tra i cinque finanziatori principali del candidato repubblicano spiccano infatti Goldman Sachs, Bank of America, Morgan Stanley e Jp Morgan. I dirigenti di Goldman Sachs, soprannominati “gatti grassi” da Obama perché schierati fermamente contro ogni tentativo di regolamentare il settore, sono arrivati il mese scorso a donare un totale di 1,8 milioni di dollari al candidato repubblicano e soltanto 136mila dollari all’inquilino della Casa Bianca.
A giustificare la ricca puntata delle società finanziarie è stata anche la speranza di vedere con Romney un aumento significativo degli stipendi. Un sondaggio condotto dalla società specializzata eFinancialCareers afferma infatti che le buste paga sarebbero state più ricche grazie alle politiche dell’ex governatore del Massachusetts. Gli stipendi di Wall Street sono sempre più oggetto di dibattito negli ultimi mesi, con critiche pesanti provenienti dagli stessi istituti. L’amministratore delegato di Morgan Stanley, James Gorman, ha avvertito il mese scorso che i compensi sono “decisamente troppo alti” e in aprile un azionista di Citigroup ha fatto causa alla banca perché giudicava troppo elevato il compenso da 15 milioni di dollari dell’allora amministratore delegato Vikram Pandit.
Dopo Wall Street, il settore che ha scommesso di più sull’avversario di Obama è sicuramente quello petrolifero. Romney puntava infatti ad aumentare i permessi di trivellazione nel Paese, mentre Obama ha sempre preferito supportare le energie rinnovabili. A metà settembre sono stati spesi oltre 150 milioni di dollari per finanziare spot televisivi che promuovevano carbone e petrolio, provando a mettere in cattiva luce il presidente americano, accusato di pensare soltanto a promuovere le fonti rinnovabili, facendo alzare il prezzo del greggio.
Proprio le aziende impiegate nel business dell’energia pulita – come First Solar, che conta per metà del business sugli aiuti del dipartimento dell’Energia – saranno tra i titoli che, secondo gli analisti, beneficeranno della rielezione del presidente, insieme alle società ospedaliere e che operano nelle infrastrutture, dove Obama ha promesso di investire ben 476 miliardi di dollari. Il mercato finanziario, tuttavia, sarebbe stato sicuramente più favorito dalla vittoria di Romney, soprattutto per quanto riguarda i listini delle società finanziarie, che sarebbero volati sulle ali della speranza di agevolazioni fiscali e norme meno severe.
La rielezione di Obama, secondo gli analisti di Barclays, gioverà invece a chi detiene titoli di Stato americani, il cui tasso di interesse calerà dall’1,7% ad almeno l’1,5% nella previsione che la Federal Reserve continui con la politica espansiva adottata dal presidente Ben Bernanke negli ultimi anni (l’ultima manovra annunciata a settembre riguarda l’acquisto di bond per 40 miliardi di dollari al mese). Il panorama, quindi, è chiaro. Adesso bisogna vedere se le previsioni degli analisti saranno confermate. E scoprire chi si arricchirà grazie alla vittoria di Obama.