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Franco Battiato, assessore del Modello Sicilia Cultura del Calcio?

Egregio Assessore (e già!) Franco Battiato, l’entusiasmante stupore alla notizia della Sua ascesa in politica (lascio ad altri le discese!) nella giunta Crocetta di prossimo varo, mi spinge a scriverLe queste poche righe, alla ricerca di un pizzico di attenzione.

Se da sempre la Sicilia è terra di cultura alta, crocevia di eccellenti contaminazioni mediterranee, è altrettanto vero che al pari (se non più) di altre regioni (persino d’Europa) calcisticamente più per la maggiore, l’isola così tanto bistrattata può invece vantare straordinarie ricchezze anche in tema di tradizione, storia e cultura del calcio.

Libera da restrizioni mentali e gabbie insulari, su iniziativa d’un console britannico nasce a Palermo nel 1900 l’Anglo Panormitan Athelic and Foot-Ball Club, nel 1905 c’è la prima Coppa locale e nel 1909 – per volontà di Sir Thomas Lipton (re mondiale del tè) – i siciliani partecipano al 1° torneo interregionale del Sud dell’Italia Unita, quando ancora il pallone – in ben altre città del continente sabaudo industrializzato – era ancora lì dall’essere accuratamente palleggiato. Certo, in più d’un secolo di football non sono mancate pagine di cronaca nera: l’assurda morte giù dal treno di Salvatore Turi Moschella (1994), l’altrettanto folle delitto (rimasto impunito) del tifoso Antonino Currò (2001) e l’ultimo lutto – in ordine di tempo – dell’Ispettore Capo di Polizia Filippo Raciti (2007), come antefatti di tragici derby al sole. 

Ma la Sicilia, calcisticamente parlando, significa pure Messina, Catania e Palermo nell’ultimo decennio in Serie A (nella massima serie è un miraggio d’eccellenza persino per Campania, Liguria e Lazio), è il calore di un tifo passionale e travolgente capace di trasferte leggendarie (es. l’anno scorso incontrai stoiche unità trapanesi a Portogruaro-Venezia, nel 1983 vidi l’invasione rossazzurra all’Olimpico, replicata nel 2011 dai rosanero nella finale tricolore con l’Inter), è l’unica regione (col Veneto dell’Hellas) con un club a denominazione greca (l’Akragas di Agrigento) ed è persino poi culla di uno dei più celebri tormentoni in voga tra giornalisti e calciofili (era il 1969 l’anno del ‘Clamoroso al Cibali‘, come scordarlo?)

Per questo, caro Franco Battiato, mi rivolgo a Lei come uomo di cultura e ingegno, più che al neo referente politico (non si indigni per l’etichetta, ci si abituerà!): utilizzi l’Assessorato al Turismo e allo Spettacolo per lanciare il Modello Sicilia Cultura del Calcio. Faccia della sua poltrona una fabbrica di idee vibranti. Promuova inediti percorsi socio-cultural-sportivi coinvolgendo i giovani. Si infili negli spazi pubblici per far uscire lo sport più popolare e amato dal declino di aride logiche commerciali e dalle sfide del neo-calcio, globalizzato e industria.

Allestisca mostre, patrocini rassegne artistiche di cultura calcistica, rinnovi tesori, fasti e identità della Sua gente pallonara. Si sforzi a mandare un segnale in controtendenza. Lanci una rivolta all’imperversante Italia dello stadium del kaos. Si può fare: non più tardi di un mese fa, col mio ultimo libro sul caso Re Cecconi, sono stato premiato a Porto Paolo di Capo Passero (Siracusa) nell’ambito del Premio Nazionale di Letteratura Più a Sud di Tunisi, per la sezione sportiva. Nello scorso Febbraio, nell’ambito del Festival Nazionale della Cultura del Calcio che mi pregio di curare, ho ospitato a Roma un reading letterario di artisti siculi sui deseparecidos al tempo dei Mondiali di Argentina ’78. Faccia tesoro di questi spiragli di luce, soffocati nel deserto dell’ignoranza. Investa sul rinnovamento della cultura calcistica per una fruizione ‘altra’ del tempo libero, anche in funzione turistica.

Valorizzi l’occasione, sfruttandola al massimo. Sia il più politico degli anti politici. Perché la forza del calcio è nel suo linguaggio trasversale, universale, territoriale. Vedrà che, forse, poi cantando di nuovo da un palco ‘Povera Patria’, Le potrà capitare di riformulare la celebre strofa su ‘come scusare le iene negli stadi‘. Perché se “cambiare idea fa sempre bene”, come ha detto ieri sera su La 7 da Lilli Gruber, è ancor più vero se si ricopre una funzione pubblica, politica e sociale. Sul ponte sventola bandiera bianca. Buon lavoro Battiato (davvero!)