Sembra che tutti stiano festeggiando la vittoria di Obama, compresa la nomenklatura cinese in procinto di eleggere un presidente più “democratico” che, in questo caso, fa rima con più business per tutti.
Tutti applaudono, tranne Benjamin (Bibi) Netanyahu, il primo ministro israeliano che aveva appoggiato fin dall’inizio della corsa alla candidatura repubblicana, il suo caro amico Mitt Romney. Bibi e Mitt si conoscono e frequentano da decenni: inizialmente si incrociarono perché entrambi uomini d’affari poi in veste di aspiranti politici con una visione del mondo analoga.
Stato snello, per non dire trasparente, riduzione all’osso del welfare anche perché c’è già Dio– a cui entrambi sono estremamente devoti- ad avere il compito di aiutare e consolare i poveri e gli ammalati. Certo, uno li affida all’antico testamento, l’altro al nuovo. Dopo aver svolto il ruolo di ambasciatore negli Stati Uniti, Netanyahu è rimasto profondamente legato al mondo statunitense, attraverso la lobby ebraica americana conservatrice Aipac, animata dal re dei casinò di Las Vegas, Sheldon Adelson che ha, a sua volta, con l’aggiunta di milioni di dollari, sostenuto la campagna di Romney.
Adelson, altro grande amico di Bibi finanzia in Israele un giornale gratuito (che sostiene in tutto e per tutto le politiche del suo governo) diventato il quotidiano più letto dagli israeliani. Insomma le sponde dell’Atlantico per tutta la campagna elettorale non gli erano mai sembrate così vicine, invece ora Bibi le vede allontanarsi più di prima. In Israele dove lo stesso Netanyahu si prepara al voto- ha voluto anticipare le elezioni politiche al 22 gennaio, anziché a fine 2013 , per ottenere una vittoria certa anche sull’onda della auspicata vittoria di Romney- l’establishment ora si domanda cosa fare per riparare all’endorsment spregiudicato del premier nei confronti dell’avversario di Obama.
Perché è impossibile per Israele vivere fuori dal rapporto simbiotico con gli Usa. La vittoria di Obama preoccupa doppiamente l’ambiente conservatore ebreo israeliano, che vuole mantenere il potere internamente e continuare a fare la voce grossa contro il nucleare iraniano. Nei giorni scorsi invece rumors piuttosto fondati, rivelavano di incontri segreti tra alti funzionari americani e iraniani per trovare una soluzione alla questione nucleare attraverso negoziati anziché bombardamenti. A questo punto Obama potrebbe togliersi qualche sassolino dalla scarpa senza il timore di essere nuovamente tacciato di essere “quello che chiede scusa ai musulmani” (il riferimento è al discorso sul dialogo che Obama tenne all’università del Cairo subito dopo essere entrato in carica) e di aver voltato le spalle a Israele.
Ma, molto probabilmente, sorprenderà i suoi avversari interni ed esterni e come suo primo viaggio all’estero potrebbe decidere di far visita proprio a Israele. Dove durante la sua prima presidenza non andò mai. Anche se ha ricordato che lui ci era stato ma durante la corsa alla candidatura e non per cercare soldi, come ha fatto Romney, bensì per fare visita agli abitanti di Sderot, il villaggio al confine con Gaza, sui quali spesso piovono i razzi di Hamas. Mitt e Bibi saranno stati anche molto amici ma la furbizia è più importante dell’amicizia soprattutto sul loro versante politico.