Fino a qualche anno fa potevi guardare verso la campagna e le colline, intercettavi solo qualche campanile. Oggi restano le gru a frastagliare l’orizzonte: migliaia di nuovi appartamenti, risposte a domande che nessuno ha fatto. Parma è una bella città, ci sono cartoline che la ritraggono com’era e con quelle ci puoi ricordare i bei tempi andati.
Si dice che ogni grande città sia attraversata da un fiume, infatti Parma è divisa in due da un torrente, in secca perenne, salvo cinque minuti di follia quando la vescica è piena. A 200 metri dal Ponte della Stazione (chiamatelo “delle Nazioni” che l’ex vice sindaco Buzzi si offende, vamolà) ne sorge uno nuovo di zecca (come il parassita), dovrebbe congiungere due sponde, unire: porta da una parte all’altra del niente.
Si tratta di un enorme pillolone lucente, di vetro e acciaio, di là si va all’ingresso della sede EFSA, di qua si viene in un imbuto stretto come uno sfintere, in quella via Brennero ai cui residenti basterà rispondere al citofono per inalare marmitte. Un falò di milioni. Quel che è fatto è fatto, pazienza. Il progettista si chiama Guasti, ex senatore, ex consigliere comunale, ex coordinatore di Forza Italia, purtroppo non ex architetto: Guasti, si chiama. Potevamo evitare almeno le metafore.
Invece gli è stato approvata questa supposta venuta dallo spazio, parcheggiata lì probabilmente perché in avaria, senza carburante, forse alla ricerca di forme di vita intelligenti, le è andata male. Lo dico per chi viene da fuori e non se l’aspetta, che non è una provocazione, ma un ponte davvero, non un’installazione ma quasi, è una specie di monumento al senso inutile degli uomini di giunta che hanno permesso tutto. Lo dico per chi viene da fuori e si trova davanti questo tributo al boh?! Almeno fosse Piero Manzoni: merda d’artista. Invece è davvero un ponte e non serve nemmeno ad attraversare il buco da centinaia di milioni di euro.